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Apparato respiratorio

Fumo di sigaretta, perché si diventa dipendenti?

04/10/2017

Quando si parla di fumo di sigaretta i consigli che si danno sono due: smettere di fumare o non cominciare affatto. Nel primo caso chi fuma sarà già diventato dipendente esponendosi ai rischi associati. Per queste persone diventa vitale smettere: «Farlo vuol dire avere il coraggio di superare la dipendenza psicologica, facendosi aiutare per sopportare bene la dipendenza fisica», sottolinea la dottoressa Licia Siracusano, oncologa e referente del Centro Antifumo di Humanitas Cancer Center.

La dipendenza

Nel secondo caso il consiglio viene rivolto soprattutto agli adolescenti: è infatti a questa età che si accende per la prima volta una sigaretta. Come riferisce l’Istituto superiore di Sanità, la prima boccata arriva a 17,6 anni per i ragazzi e a 18,8 per le ragazze, ma oltre il 12% dei fumatori ha iniziato a fumare prima dei 15 anni. È questa l’età più critica, quando, per diverse ragioni, si può diventare vittima della dipendenza dal fumo di sigaretta. Essere circondati da amici che fumano, ad esempio, può indurre un ragazzo o una ragazza a fumare, «magari si comincia a chiedere una sigaretta a un amico, poi un’altra e un’altra ancora. E dopo averne chieste tante si arriva a comprare il primo pacchetto: allora si può dire che sia insorta la dipendenza», avverte la specialista.

(Per approfondire leggi qui: Fumo, anche una sigaretta al giorno fa male)

Uno dei motivi principali per cui si continua a fumare è la nicotina, una sostanza chimica contenuta nel tabacco. Nel tempo l’organismo si abitua alla presenza della nicotina: «La dipendenza nasce quindi come una dipendenza fisica perché aumentano i recettori della nicotina a livello encefalico. Questi recettori – spiega la dottoressa Siracusano – richiedono che la “dose” di nicotina sia mantenuta costante nel sangue». I recettori della nicotina sono i recettori dei neuroni per l’acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto in diverse funzioni, da quella muscolare alla respirazione. Con la nicotina che mima l’azione del neurotrasmettitore si attiva il rilascio di altri neurotrasmettitori e ormoni che regolano l’appetito, l’umore e la memoria, per esempio.

«Se la “dose” di nicotina di cui si ha bisogno viene a mancare, il corpo non ne riceve a sufficienza e si ha voglia di fumare. Quando non si riesce a farlo ecco che insorge una crisi d’astinenza caratterizzata da ansia, agitazione, irritabilità. Sono tutti segni di una dipendenza fisica».

Fumo e (falso) “piacere”

Ma non c’è solo la dipendenza fisica: «A questa è concatenata anche la dipendenza psicologica. Il legame recettore/nicotina induce la produzione di ormoni della gratificazione, per cui il cervello del tabagista lancia questo messaggio: “mi piace fumare”. La nicotina non fa altro che attivare quelle aree del cervello che sono associate alla produzione di sensazioni di piacere e di ricompensa».

(Per approfondire leggi qui: Giornata mondiale senza tabacco: nel mondo il fumo causa 1 decesso su 10)

Ecco perché per tante persone smettere di fumare risulta difficile, perché i vincoli della dipendenza che si è creata sono resistenti e riguardano diversi aspetti. Sebbene possa risultare oneroso, tra una crisi d’astinenza e l’altra, smettere di fumare non è impossibile soprattutto con l’aiuto degli specialisti dei centri che assistono chi vuole interrompere per sempre questa dipendenza.

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