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Noci e microbioma intestinale, quale relazione?

14/09/2017

Più batteri “buoni” grazie alle noci? Questo tipo di frutta secca contribuirebbe a formare un miglior profilo del microbioma intestinale, suggeriscono dei ricercatori della Louisiana State University in uno studio condotto su modelli sperimentali. Prima di confermare i risultati, sottolineano gli autori della ricerca, è necessario realizzare ulteriori studi sull’uomo: «Sebbene sia uno studio sperimentale (possiamo considerarlo pilota poiché non è stato ripetuto più volte) i risultati sono interessanti e in linea con precedenti studi condotti nell’uomo che avvalorano gli effetti benefici di noci e frutta secca sulla salute», aggiunge la dottoressa Stefania Vetrano, ricercatrice di Humanitas e docente di Biologia applicata di Humanitas University.

Le noci funzionerebbero come dei prebiotici, ovvero come il nutrimento dei batteri “buoni” presenti nel tratto intestinale. Le sostanze che derivano da questi frutti favorirebbero la crescita dei batteri utili per mantenere in salute l’intestino.

I ricercatori hanno messo a punto due tipi di diete sperimentali, di cui una arricchita con una quantità di farina di noci equivalente a poco meno di 60 grammi di noci. A parte questo dettaglio, le due diete avevano il medesimo apporto calorico e nutritivo. Entrambe sono state seguite per dieci settimane. Al termine,  con la dieta ricca di noci, è emerso un significativo aumento delle specie di batteri “buoni” inclusi Lactobacillus, Roseburia e Ruminococcaceae.

(Per approfondire leggi qui: Sindrome della fatica cronica, quale relazione con il microbioma intestinale?)

Sono i componenti bioattivi delle noci – suggeriscono gli autori dello studio pubblicato su The Journal of Nutritional Biochemistry – a fornire i benefici alla salute gastrointestinale. Queste  contengono una grande quantità di acido alfa-linoleico, la forma di omega 3 presente nel regno vegetale, circa 2,5 gr per poco meno di 30 gr di prodotto. «Le noci, così come altra frutta secca, sono ricche di fibre e polifenoli. Alcuni batteri intestinali hanno la capacità di metabolizzare una classe di polifenoli trasformandoli in sostanze bioattive capaci a loro volta di influenzare la composizione della flora intestinale e di contribuire al metabolismo di specifiche sostanze ingerite con la dieta con effetti positivi per la nostra salute. Purtroppo i ricercatori hanno solo evidenziato i cambiamenti del microbiota, senza però analizzare più approfonditamente la presenza e l’attività di queste sostanze», sottolinea la specialista.

Il microbioma intestinale è stato oggetto di molta ricerca

«La composizione del microbiota umano è non solo molto variegata, ma anche altamente variabile tra diversi individui. Questo rende difficile l’analisi del microbiota, sebbene questa complessità sia stata semplificata valutando solo le comunità batteriche a più alti livelli tassonomici. Le diverse specie di batteri all’interno di ciascun Phylum hanno differenti proprietà biologiche. La riduzione del numero di specie può di conseguenza alterare alcune di queste funzioni».

Un microbioma meno “variegato” a cosa è invece associato? «Un’alterazione del microbiota intestinale è stata associata a varie malattie metaboliche come l’obesità, il diabete, malattie a carico del tratto intestinale come le malattie infiammatorie croniche intestinali e la sindrome del colon irritabile, e le allergie. Non è ancora del tutto chiaro se queste alterazioni siano la causa o una conseguenza della malattia. Sicuramente il ripristino del microbiota in queste malattie sembra migliorarle clinicamente».

Quali alimenti sono certamente benefici per il microbioma?

«I batteri intestinali considerati buoni sono il Bifidobacterium e Lactobacillus, mentre quelli cattivi Clostridia e Bacteroides. Bisognerebbe prediligere alimenti ricchi di fibre e polifenoli che tanto piacciono ai batteri buoni. Sono ricchi di polifenoli i frutti rossi in particolare il melograno, i mirtilli, l’uva rossa, le fragole, le more, i lamponi ma anche la frutta secca come noci, nocciole, mandorle e pistacchi. Uno studio di qualche anno fa ha dimostrato che l’assunzione per un periodo di 6 settimane di piccole porzioni giornaliere di mandorle migliorava l’acidità gastrica, l’assorbimento a livello intestinale, l’attività di alcuni batteri oltre che a promuovere selettivamente la colonizzazione da parte dei batteri “buoni”», conclude la dottoressa Vetrano.

(Per approfondire leggi qui: Yogurt, birra e anticoncezionali: cosa influisce sul microbioma intestinale)

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