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Attività fisica, chi la fa per senso del dovere tende a farne meno?

28/06/2017

Cominciare e poi smettere. Stiamo parlando di attività fisica e certamente di una scelta poco saggia se dettata dalla frustrazione per non aver raggiunto i risultati sperati. Questo può accadere se si vede l’attività fisica come un qualcosa da fare necessariamente, per senso del dovere. Quante volte il “non ce la faccio” è riecheggiato in palestra? Ripeterselo è l’anticamera dell’inattività. “Non ho voglia”, “non ho tempo”, sono i classici ostacoli soggettivi che devono essere superati con la giusta motivazione, ricordano i professionisti di Humanitas.

Di motivazione e attività fisica si è occupato un gruppo di ricercatori della University of Michigan (Stati Uniti) in uno studio pubblicato su BMC Public Health. Il team ha organizzato otto focus group con 40 donne tra 22 e 49 anni di età, divise in due gruppi: le “attive”, che praticavano almeno due ore di attività fisica a settimana, e le “poco attive”, con meno di due ore ogni sette giorni.

Attività fisica: impegno o ricreazione

Nei focus group si è indagato cosa rendesse le donne felici e affermate e in che modo le aspettative e le convinzioni sull’attività fisica potessero rafforzare o minare la loro felicità o il loro sentirsi affermate. Tutte le partecipanti hanno individuato la stessa ricetta per sentirsi bene: essere in relazione con gli altri, sentirsi rilassate e libere da pressioni nel tempo libero, riuscire a raggiungere obiettivi di diversa natura, ogni giorno.

(Per approfondire leggi qui: Sedentarietà più pericolosa dell’obesità?)

Sull’esercizio fisico, invece, il punto di vista tra “attive” e “poco attive” cambiava. Queste ultime erano convinte che l’attività fisica per essere “valida” dovesse essere intensa, cosa che contrastava con la loro voglia di relax; che l’esercizio fisico andasse fatto per dovere, cosa che contrastava con la volontà di non subire pressioni quando sono fuori dal lavoro. Pertanto, visto così, il fitness non permetterebbe loro di raggiungere gli scopi prefissati. Ed ecco insinuarsi la sedentarietà: donne demotivate e scoraggiate non si muovono più.

E le “attive”? Queste guardavano al fitness come una priorità non assoluta, cosa che le portava a non recriminare se fossero state costrette a perdere una lezione perché impegnate. Per loro l’attività fisica non era un ostacolo al relax nel tempo libero. Ecco, allora, come poter spingere le donne a scendere dal divano: l’esercizio fisico va fatto non perché c’è una regola che lo impone; non dev’essere visto nemmeno come qualcosa di troppo impegnativo ma anche come un’attività ricreativa.

Cambi di stile di vita e obiettivi

La motivazione è uno dei capisaldi della medicina dell’Esercizio. Quando viene prescritto un cambio dello stile di vita si tiene conto dei dati clinici, dello stato di salute della persona ma anche degli obiettivi da raggiungere, della sua volontà e della sua motivazione, appunto. Solo in questo modo il cambio di stile di vita è personalizzato. Il soggetto si renderà conto dei benefici che otterrà praticando attività fisica.

(Per approfondire leggi qui: Attività fisica, importante per la gestione di ventidue malattie croniche)

Pensare all’esercizio fisico esclusivamente come qualcosa di molto intenso potrebbe demotivare, come suggerisce lo studio? Se l’attività fisica è intensa, purché aerobica, gli obiettivi saranno raggiunti più velocemente, sempre che l’individuo sia in grado di sostenerla. Ma proprio perché l’attività fisica viene personalizzata si terrà conto delle caratteristiche del singolo, e quindi l’intensità potrebbe essere anche bassa o moderata, e sempre considerando le sue motivazioni. Sarà “prescritto” quando di più adatto a lui o a lei per garantire l’adesione al nuovo stile di vita.

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