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Dieta vegana, occhio agli squilibri

01/11/2014

Una filosofia di vita basata sul principio dell’esclusione dell’uso di prodotti di origine animale. Una scelta di vita che riguarda in particolar modo, oltre che l’abbigliamento, l’alimentazione. Cerchiamo di capire quale impatto abbia la dieta vegana sulla salute di chi vi si attiene, insieme alla dottoressa Manuela Pastore, dietista dell’Unità Operativa di Endocrinologia di Humanitas.

Dottoressa Pastore che cosa possiamo dire sulla dieta vegana, basata su alimenti rigorosamente di origine non animale?

«La scelta alimentare vegana è una scelta soggettiva che come tale viene rispettata ma non viene mai consigliata in ambito ospedaliero, perché è un’alimentazione profondamente squilibrata. Chi sceglie di mangiare solo alimenti di origine vegetale deve sapere che così facendo rinuncia ad assumere alcune sostanze fondamentali per il nostro organismo come, ad esempio, il ferro, il calcio e la vitamina D. Perché se è vero che il ferro è contenuto anche in alcuni ortaggi e nei legumi, è altrettanto vero che quello presente in carne e pesce è molto più assimilabile dal nostro organismo. Per assumere una quantità di ferro contenuta in una bistecca bisognerebbe mangiare grandi quantità di legumi e ortaggi. Lo stesso discorso vale per le vitamine: quelle del gruppo B – soprattutto la B12 –, importanti per i bambini in età di crescita e nell’adulto perché partecipa, fra le altre funzioni, al metabolismo del ferro, sono contenute in grande misura nella carne, mentre sono molto meno presenti nei cibi che derivano dal mondo vegetale».

Dal punto di vista proteico, invece, qual è l’apporto della dieta vegana?

«Le proteine sono importanti perché forniscono all’organismo tutti i mattoni, gli aminoacidi, indispensabili per formare quella miriade di proprie proteine – enzimi, ormoni, anticorpi, molecole di sostegno dei tessuti e di struttura dei muscoli, e così via – che quotidianamente devono essere costruite e riparate. Alcuni aminoacidi sono detti essenziali nel senso che il corpo umano non è in grado di sintetizzarli autonomamente ma deve necessariamente introdurli con gli alimenti della dieta. Le proteine di origine animale – presenti in carne, pesce e uova soprattutto, ma anche formaggi e affettati – sono dette ad alto valore biologico in quanto complete di tutti gli aminoacidi. Ciò permette una somiglianza maggiore con quelle del corpo umano e quindi una più elevata utilizzazione a livello cellulare».

E le proteine di origine vegetale, invece, come si comportano?

«Le proteine del mondo vegetale – legumi e cereali – invece, mancano di alcuni aminoacidi essenziali. Un escamotage per aumentare il loro valore biologico consiste nell’unire cereali e legumi, ma resta il problema della carenza di altre sostanze. Occorre ricordare che un alimento è composto da una miriade di molecole – macro e micro – che agiscono in sinergia fra loro aumentando l’efficacia e l’utilizzo per l’organismo di un alimento rispetto a un altro. Ecco perché non si dovrebbero mai escludere interi gruppi alimentari. Inoltre, nell’ambito della stessa categoria, in ogni alimento si trova una variate preziosa dello stesso nutriente che non si può ricreare o trovare in un altro alimento».

Ci sono categorie di persone che possono soffrire più di altre queste carenze?

«Sì: le donne in età fertile o in gravidanza, i bambini e gli anziani, che possono avere, per ragioni legate all’età o ad altre ragioni, alterazioni nell’assorbimento dei nutrienti a livello gastrico o intestinale. Poi tutte quelle persone che soffrono di patologie che incidono sull’assorbimento, come le malattie infiammatorie croniche intestinali o la celiachia. Per tutti questi soggetti la scelta di un’alimentazione vegana rappresenta una decisione impegnativa, che andrebbe fatta sotto consiglio medico e con un monitoraggio protratto nel tempo».

Quindi, che cosa si può dire a chi sostiene che la dieta vegana ha solo effetti positivi sull’organismo?

«Purtroppo studi scientifici attendibili che confermino questa affermazione generalizzata non ce ne sono. Anche in ambito oncologico c’è chi sostiene la validità di una dieta vegana – o, per lo meno, vegetariana stretta – per prevenire o curare tumori di varia natura. Ad oggi bisogna però dire che non ci sono conferme incontrovertibili che l’alimentazione vegana sia assolutamente efficace nell’evitare recidive o che possa migliorare l’andamento delle cure. In generale, quindi, se da una parte abbiamo il massimo rispetto per certe scelte di vita – il cui aspetto alimentare a volte non è nemmeno quello principale – dall’altra il nostro ruolo di operatori sanitari ci spinge a consigliare a tutti una dieta variata che rispetti i gusti personali ma anche le esigenze di vita e cliniche, eventualmente rivista nelle abitudini alimentari laddove sia necessario per riequilibrare gli apporti. E questo, a maggior ragione, per quelle persone più a rischio nel seguire una dieta troppo squilibrata quale è, appunto, quella vegana».

 

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