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Immunologia, il futuro della medicina è traslazionale

12/11/2012

Il dott. Domenico Mavilio, descrive gli obiettivi della seconda edizione del Meeting internazionale di Immunologia traslazionale: l’individuazione e lo studio di alcuni approcci terapeutici alternativi e l’avvicinamento della ricerca di base alle sue probabili, future, applicazioni pratiche

Si è chiusa la scorsa settimana presso l’Istituto Clinico Humanitas la seconda edizione del Meeting internazionale di Immunologia traslazionale. Il dott. Domenico Mavilio, Responsabile del Laboratorio di Immunologia Clinica e Sperimentale presso l’Istituto Clinico Humanitas e chairman dell’evento, ci racconta la forza e l’importanza di questo appuntamento.

Qual è stato il focus di questo meeting?

«Ci si è focalizzati su una tematica scientifica che sta assumendo una rilevanza sempre maggiore nell’ambito della ricerca biomedica mondiale: lo studio della patogenesi di diverse malattie immunologiche o immuno-mediate per le quali le opzioni terapeutiche ora disponibili sono ancora insufficienti. Infatti, solo la comprensione dei meccanismi fisiopatologici alla base di queste patologie permetterà lo sviluppo di approcci terapeutici alternativi e, si spera, risolutivi. Un altro importante obiettivo del meeting è stato quello di contribuire a colmare la distanza che tutt’ora separa (specialmente nel panorama scientifico italiano) la ricerca di base dalle sue possibili e auspicabili applicazioni pratiche. Nell’ambito della ricerca bio-medica questa dicotomia impedisce spesso ai ricercatori di comunicare con i medici in modo da trasferire le scoperte biologiche a livello cellulare e/o molecolare nella pratica clinica quotidiana. Tale filone di ricerca è meglio conosciuto come medicina traslazionale e vede il coinvolgimento dei cosiddetti M.D.-Ph.D., cioè medici ricercatori con una formazione specifica che permette loro di essere il ponte ideale tra questi due modi. Al contrario di quanto avviene in Paesi di cultura anglossassone come gli Stati Uniti, in Italia non ci sono programmi dedicati alla creazione di questa figura professionale. Humanitas si sta muovendo in questo senso creando corsi universitari per MD-Ph.D. con l’obiettivo futuro di creare maggiore scambio e interazione tra ricerca biomedica e clinica».

Perché è stato un appuntamento importante?

«Il meeting ha come valore aggiunto il coinvolgimento di quella che sarà la futura classe medico-scientifica italiana nell’ambito di progetti di medicina traslazionale. Infatti, il congresso è rivolto a dottorandi, giovani ricercatori, specializzandi e giovani medici che hanno avuto l’opportunità di interagire con i più grossi esperti nel settore, in un format che prevede molte forme di incontro sia di carattere meramente scientifico, sia ludico. La formazione altamente specializzata di medici, biologi o biotecnologi è una condizione necessaria per affrontare le sfide di domani in campo biomedico e per competere su scala globale con altri Paesi che oggi sono molto più avanti di noi. Significa aprire nuovi scenari e opportunità per il nostro Paese evitando quello che spesso succede oggi e cioè che i nostri medici o ricercatori se ne vadano dall’Italia o che la produzione di brevetti derivanti da scoperte di base fatte in Italia venga effettuata all’estero. La sfida non è certamente semplice, ma fondamentale».

 

A cura di Valeria Leone

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