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Medicina di genere: le cure per l’uomo e la donna

08/02/2011

La priorità per il Terzo millennio di medicina e scienza è un maggior impegno nel curare le malattie delle donne e nell’organizzare la sanità con un approccio più “femminile”.

Maggiore attenzione verso la medicina di genere. E’ questo l’obiettivo che deve contraddistinguere il Terzo Millennio. Maggior impegno, quindi, verso le malattie che interessano le donne inteso come ricerca, ma anche come migliore organizzazione strutturale degli ospedali, che tengano conto anche delle loro esigenze. Troppo spesso, infatti, “il prototipo” su cui effettuare gli studi o su cui costruire gli ospedali è stato maschile senza considerare il genere femminile. Sicuramente una condizione non dettata da discriminazione, ma da condizionamenti mentali ben radicati. Adesso l’approccio sta cambiando. Ma perché tutta questa attenzione verso le donne? Qual è il problema? Ne parliamo con il professor Mauro Podda, responsabile del Dipartimento di Medicina Interna di Humanitas e professore ordinario di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano.

Professor Podda, perché questa maggiore attenzione verso la medicina di genere?

“La medicina di genere, ovvero lo studio delle caratteristiche delle diverse malattie nella donna e nell’uomo, in passato non veniva considerata adeguatamente dalla scienza diventando penalizzante soprattutto per le donne e questo non certamente per una discriminazione consapevole, ma ritengo, piuttosto, per una tendenza culturale e di comodità a considerare una sorta di ‘prototipo del malato’. Faccio un esempio per capire meglio. L’infarto del miocardio colpisce prevalentemente come ‘bersagli ideali’ gli uomini di mezza età e stressati dal punto di vista lavorativo. Ecco, quindi, che tutti i trial analizzano uomini. Le stesse immagini dei libri visualizzano solo uomini. Certo, la frequenza nelle donne è inferiore, ma questo non significa che debbano essere trascurate del tutto e non giustifica il fatto di non valutare questi eventi anche nel genere femminile in cui la gravità è spesso anche maggiore. Esiste una tipologia di malattie dove le donne sono prese in considerazione per necessità. Si tratta delle malattie autoimmuni reumatiche (per esempio, il lupus) che colpiscono in prevalenza le donne. Anche in questo caso, però, si manifesta una difficoltà clinica penalizzando gli uomini, in cui sono sottodiagnosticate. In pratica, non vengono approfondite, il medico tende a sottovalutarle ritardando così l’attuazione della terapia”.

Ma qual è esattamente il problema legato alla differenza di genere?

“Il problema è che ciò che va bene per gli uomini non sempre è adatto anche alle donne. Esistono, infatti, differenze biologiche notevoli. Per questo le ricerche sui soli uomini non possono essere sufficienti. Così come, allo stesso tempo, non lo sono le sperimentazioni di farmaci, quasi sempre testati sugli uomini perché, ripeto, si prende un modello tipico e si generalizza”.

E’ necessaria anche una modifica strutturale degli ospedali?

Gli ospedali sono per lo più frequentati dalle donne a causa della loro maggiore longevità e tendenza femminile a essere più razionali verso la medicalizzazione. Gli ospedali, strutturati e organizzati da uomini, non tengono, quindi, conto di alcune loro esigenze (spazi comuni per le visite, bisogno di privacy, orari elastici per vedere i figli piccoli e quant’altro) e le penalizzano maggiormente. Si deve, quindi, cercare di fare di meglio anche nel contesto dell’organizzazione ospedaliera”.

Cosa fa Humanitas per la medicina di genere?

“Dal punto di vista della medicina cardiovascolare che, abbiamo visto, è quella considerata per prassi tipicamente maschile, è molto attiva verso le donne e cerca di sensibilizzarle verso l’attenzione alla salute del cuore, soprattutto dopo la menopausa, quando la tendenza si inverte e le donne sono maggiormente colpite da eventi cardiovascolari a causa delle modificazioni ormonali e metaboliche, che hanno un effetto sfavorevole sul sistema cardiocircolatorio. Per quanto riguarda le malattie autoimmuni, poi, sono in atto diversi studi sul ruolo del cromosoma X (quello femminile) e la predisposizione genetica a questa malattie. Infine, dal punto di vista dell’attenzione verso la salute femminile, sia che si tratti di ricerca sia di organizzazione aziendale, Humanitas nel 2009 ha ottenuto 3 ‘bollini rosa’ (il massimo riconoscimento) assegnati da O.N.Da (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna) alle strutture attente alle esigenze delle donne”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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