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Il tumore dell’endometrio è in aumento

07/09/2010

E’ tra i tumori pelvici più diffusi, complice lo stile di vita. Ma la percentuale di cura è molto alta grazie a diagnosi sempre più precoci.

E’ uno dei tumori pelvici più diffusi nelle donne al giorno d’oggi, complice lo stile di vita dei Paesi Occidentali. Negli Stati Uniti la percentuale è raddoppiata dagli anni Ottanta ai Novanta proprio per questa ragione. In generale, si evidenziano 2 casi ogni 100.000 donne sotto i 40 anni di età e 40-50 casi dai 60 anni in poi. Ma, per fortuna, la percentuale di cura è molto alta attestandosi all’80% perché si riesce a diagnosticarlo al I stadio di evoluzione. Si tratta, infatti, di un tumore che dà segnali evidenti della sua presenza. Fondamentale, però, rivolgersi a strutture che dedichino a questa patologia ginecologico-oncologica un percorso multidisciplinare, con consulti periodici fra i vari specialisti interessati. E, inoltre, che il percorso sia completo ovvero a 360° mettendo, quindi, a disposizione all’interno della struttura stessa tutte le prestazioni e i servizi necessari per la cura, dalla diagnosi fino all’intervento e alla terapia, utilizzando preferibilmente la chirurgia mininvasiva (cioè senza tagli sull’addome), di cui Humanitas è pioniere, con tutti i vantaggi che ne conseguono per il paziente. Ne abbiamo parlato con il dottor Domenico Vitobello, Responsabile dell’Unità Operativa di Ginecologia in Humanitas.

Dottor Vitobello, cos’è il tumore dell’endometrio?
“E’ un tumore che colpisce, per l’appunto, l’endometrio, il tessuto che riveste l’interno dell’utero e che normalmente si sfalda durante la mestruazione. Il tumore provoca una degenerazione cellulare di questo tessuto”.

Perché è aumentata la sua incidenza?
“Principalmente a causa dello stile di vita tipico dei Paesi industrializzati. I fattori di rischio sono l’obesità, l’ipertensione e il diabete, che sono i problemi ‘classici’ delle civiltà industrializzate. E’ il tumore più diffuso, rappresentando circa il 15% di tutte le neoplasie. Mentre il tumore al collo dell’utero sta diminuendo grazie a programmi di prevenzione efficaci, questo ha una incidenza in aumento”.

I sintomi sono evidenti?
“Sì, i segnali della sua presenza sono evidenti e per questo la sopravvivenza è alta, permettendo una diagnosi precoce al I stadio di evoluzione. Sono rappresentati da perdite ematiche (sanguinamento) durante la menopausa oppure da alterazioni ematiche anomale in peri-menopausa come, per esempio, sanguinamenti abbondanti o atipici”.

Qual è la prevenzione efficace?
“E’ proprio questo il punto. La prevenzione è ridurre i fattori di rischio (come l’obesità). E la diagnosi precoce è il fattore più importante. Si esegue con due strumenti: la sonoisterografia (una ecografia trans-vaginale più accurata della tradizionale) oppure, ancora meglio, l’isteroscopia diagnostica. Quest’ultima in Humanitas viene eseguita in ambulatorio e permette di effettuare una biopsia dell’endometrio, quindi prelevare un lembo di tessuto per mandarlo in anatomia patologica, dove viene analizzato istologicamente e, quindi, abbiamo una diagnosi per meglio pianificare l’approccio terapeutico”.

Una volta diagnosticato come si interviene?
“Si esegue l’intervento chirurgico di asportazione dell’utero (in età particolarmente giovane si può valutare la possibilità di eseguire una terapia senza togliere l’utero), che in Humanitas viene effettuato con la chirurgia mininvasiva con la tecnica laparoscopica/robotica con notevoli vantaggi per la paziente: decorso post-operatorio ridotto, minor dolore e migliore estetica con cicatrici praticamente invisibili. Si esegue, infatti, con una incisione di tre-quattro piccoli fori operando, poi, a distanza con una videotelecamera e senza l’apertura dell’addome. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che questa tecnica ha la stessa efficacia di quella tradizionale. Ma è più complessa. Per questo è necessario affidarsi a mani esperte, che la eseguono routinariamente. In Humanitas, inoltre, durante l’intervento viene eseguito l’esame istologico dell’utero per valutare l’aggressività della neoplasia e decidere l’eventuale asportazione dei linfonodi iliaci e lombo aortici sempre con tecnica mini-invasiva”.

Multidisciplinarietà, percorso a 360° e chirurgia mininvasiva sono, quindi, “la squadra” giusta nella lotta a questo tumore?
“In generale direi nella lotta contro ogni tumore. La multidisciplinarietà è importante perché la patologia interessa più discipline mediche. I controlli e le eventuali problematiche in Humanitas, per esempio, sono discussi periodicamente collegialmente tra ginecologo, oncologo e radioterapista in modo da avere una visione globale della patologia e poter velocizzare la diagnosi e l’accesso del paziente al percorso clinico. Uno psicologo, infine, collabora con l’equipe e supporta la donna nell’affrontare questo momento delicato. Il percorso clinico a 360°, a sua volta, anche con la possibilità di eseguire le tecniche diagnostiche radiologiche più avanzate come Risonanza magnetica, TAC e PET-TAC, determina una riduzione del tempo che va dalla diagnosi alla terapia a beneficio del paziente”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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