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Pancreas, diagnosi e cura contro il cancro

18/05/2010

Il tumore al pancreas è una delle patologie oncologiche che fanno più paura. Ma grazie ai mezzi diagnostici più avanzati oggi la neoplasia viene riconosciuta sempre più in anticipo e quando è ancora tecnicamente asportabile, attraverso interventi molto complessi.

Ancora oggi il tumore al pancreas è una delle patologie oncologiche con la prognosi più negativa. In realtà non si tratta di un problema unico, ma ne esistono forme differenti, sia benigne che maligne. Fino a poco tempo fa, nella maggior parte dei casi le patologie maligne venivano diagnosticate quando ormai non c’erano più possibilità di cura. Grazie ai mezzi diagnostici più avanzati la neoplasia viene riconosciuta sempre più in anticipo e quando la lesione è ancora di dimensioni contenute e tecnicamente asportabile. Le operazioni al pancreas sono tra le più complesse in assoluto e per questo è importante che vengano svolte in centri ad alta specializzazione. “Si tratta di interventi che possono durare fino a sette ore e che sono particolarmente difficili perchè il pancreas è posizionato in profondità nell’addome a stretto contatto con lo stomaco, l’intestino, la milza e alcune importantissime strutture vascolari”, interviene Alessandro Zerbi, Responsabile del Reparto di Chirurgia Pancreatica di Humanitas.

“Inoltre, si tratta di un organo particolarmente fragile, che produce sostanze corrosive per gli altri tessuti. Il rischio di complicanze, anche fatali, è quindi molto alto ed è legato non solo alla patologia, ma anche alla tecnica chirurgica in sé. Per questo motivo è importante che l’operazione sia svolta da equipe che hanno acquisito una grande competenza specifica. Nei centri più specializzati, infatti, il numero di interventi può arrivare fino a cento all’anno”. Il dottor Alessandro Zerbi ha recentemente assunto questo ruolo in Humanitas all’interno dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale III diretta dal Prof. Marco Montorsi ed è uno dei maggiori esperti italiani in questo campo, con una vasta esperienza maturata all’Ospedale San Raffaele di Milano, al fianco del Prof. Valerio Di Carlo, che in Italia è uno dei punti di riferimento assoluti per la chirurgia pancreatica. “Nell’affrontare patologie così importanti, che si trovano in una posizione davvero delicata dell’organismo, è assolutamente determinante che esista una forte sinergia tra gli specialisti coinvolti”, spiega Alessandro Zerbi.

“In questi casi noi lavoriamo a stretto contatto con il radiologo, l’oncologo, l’endoscopista, l’anestesista, il gastroenterologo e l’anatomopatologo, assieme ai quali costruiamo un percorso diagnostico e terapeutico su misura per il paziente, con l’ausilio delle tecnologie più avanzate. Ad esempio per la diagnosi ci avvaliamo dell’ecoendoscopia, una metodica che per il paziente è simile a una normale gastroscopia ma che ci consente di introdurre nello stomaco una sonda ecografica con la quale riusciamo a studiare gli organi interessati con maggior precisione”. L’imaging avanzato e l’attenta analisi del caso da parte dell’equipe di medici permette di individuare quali sono i pazienti per cui l’intervento è più indicato. Il miglioramento delle tecniche chirurgiche ha portato ad abbreviare il decorso post operatorio e a estendere oltre gli 80 anni l’età dei pazienti che vengono sottoposti all’intervento.
“La ricerca ha un ruolo fondamentale nei progressi compiuti in questo settore e c’è ancora molto da fare perché si tratta di una patologia che non è ancora stata compresa fino in fondo. Si sta sempre più focalizzando l’attenzione tra l’interazione fra questi tumori e il sistema immunitario, un settore della ricerca in cui Humanitas ha una grande competenza e con la quale ci sono importanti possibilità di sinergia”, aggiunge Alessandro Zerbi, che ricopre anche il ruolo di Segretario nazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas, che coordina diversi studi multicentrici e che ha contribuito alla stesura di molte linee guida per numerose patologie. “Assieme agli oncologi, ad esempio, abbiamo individuato in quali casi la chemioterapia può essere particolarmente utile prima e dopo l’intervento. L’efficacia di queste soluzioni è un’ulteriore conferma di quanto sia importante adottare un approccio integrato nell’affrontare queste patologie”, conclude Alessandro Zerbi.

A cura di Carlo Falciola

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