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Ematologia, successi della ricerca e progressi della cura

02/06/2009

Oggi le malattie oncologiche del sangue sono guaribili in un’altissima percentuale di casi. E quelle non ancora guaribili sono comunque controllabili a lunghissimo termine. Il ruolo della ricerca e degli studi multicentrici.

Leucemie acute e croniche, mieloma multiplo, linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin rappresentano le principali malattie oncoematologiche. Un settore nel quale, negli ultimi anni, sono stati ottenuti risultati estremamente favorevoli: oggi le malattie oncologiche del sangue sono guaribili in un’altissima percentuale di casi. E quelle non ancora guaribili sono comunque controllabili a lunghissimo termine. Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla ricerca, che in questo campo riveste un’importanza estrema e si pone un duplice obiettivo: identificare nuove molecole che possano ridurre gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati (a breve e a lungo termine) e potenziare e migliorare i risultati in termini sia di guarigione, sia di sopravvivenza a lungo termine.
“In questi ultimi anni in Ematologia abbiamo assistito a un fiorire di nuove molecole – spiega il dottor Armando Santoro, direttore della Ricerca Clinica di Humanitas e responsabile del Dipartimento di Onco-Ematologia dell’Istituto -. Le nuove terapie, per lo più di tipo biologico e molecolare, hanno del tutto rivoluzionato l’atteggiamento nei confronti della maggior parte dei tumori del sangue. In questo, come del resto in tutti i settori della Medicina, la ricerca è quindi fondamentale: è uno dei motivi per cui l’équipe ematologica di Humanitas partecipa attivamente a una serie di protocolli sperimentali che garantiscono ai nostri pazienti un elevato standard di cura e migliori prospettive di vita anche nei casi più difficili”. Recentemente Humanitas è entrata a far parte del comitato di coordinamento della Rete Ematologica Lombarda, organismo che mette in contatto i maggiori centri ematologici regionali con l’obiettivo di stendere linee guida e protocolli comuni per il trattamento di queste patologie.

Linfomi Hodgkin e non Hodgkin
I linfomi sono la patologia onco-ematologica più comune, e la più trattata nell’ambito dell’Unità Operativa di Ematologia di Humanitas, con circa 170 casi ogni anno di cui 100 nuove diagnosi. Sono tumori maligni che originano nel sistema linfatico e si dividono in due grandi categorie: linfoma di Hodgkin e linfomi propriamente detti o ‘non Hodgkin’, che sono anche i più diffusi.
Pur rappresentando la quinta patologia tumorale per incidenza, i linfomi sono tra le neoplasie con la più alta percentuale di guarigione. Oltre alla chemio e radiosensibilità dei linfomi, il merito del progressivo e costante miglioramento della prognosi va all’identificazione di nuove molecole attive ad azione biologica, all’estensione delle terapie anche a pazienti più anziani e al perfezionamento dei trattamenti di supporto alla chemioterapia, che ne riducono la tossicità e ne permettono una somministrazione più regolare. Infine, l’utilizzo sistematico del trattamento ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (il cosiddetto autotrapianto) e allogeniche (allotrapianto) in età più avanzata consente oggi maggiori probabilità di guarigione anche in caso di recidiva.

Con l’obiettivo di rendere possibile lo sviluppo di trattamenti innovativi, Humanitas aderisce a numerosi protocolli, sia nazionali sia internazionali, di sperimentazione di nuovi farmaci. Partecipa storicamente ai protocolli clinici dell’Intergruppo Italiano Linfomi (IIL) e, più recentemente, al gruppo SENDO per lo sviluppo di nuove molecole attive. Anche in ambito di terapia standard Humanitas vanta una partecipazione più che attiva nella stesura e nella conduzione di protocolli dell’IIL. “Grandi passi avanti sono stati fatti nella conoscenza di questo tipo di tumori – spiega la dottoressa Monica Balzarotti, specialista in ematologia di Humanitas – dal punto di vista non solo clinico, ma anche biologico e molecolare (a livello del DNA), tanto che esistono in commercio o ancora in fase di sperimentazione, farmaci mirati. Tra queste molecole la più diffusa è il rituximab, oggi compendio indissociabile dalla chemioterapia nei linfomi non Hodgkin derivati dai linfociti B (i più frequenti). Coniugando il rituximab stesso con molecole radioattive si ottengono i radioimmunoconiugati (Zevalin, in commercio in Italia), che permettono di sfruttare un meccanismo analogo a quello della radioterapia ma dall’interno dell’organismo e in modo esclusivo sulla cellula neoplastica: l’anticorpo riconosce le cellule malate tramite un meccanismo immunologico (anticorpo-antigene) e libera, in sede di tessuto neoplastico l’ittrio che ne causa la morte”. Se rituximab e Zevalin appartengono a un recentissimo passato, altre molecole sono oggi a disposizione in diverse fasi di sperimentazione: per lo più anticorpi monoclonali (galiximab, ofatumomab, GA 101), ma anche antiangiogenetici (lenalidomide).

“Nel linfoma di Hodgkin la nostra Unità Operativa – spiega la dottoressa Antonella Anastasia, specialista in ematologia di Humanitas – ha sempre avuto un ruolo leader in ambito nazionale: la terapia della malattia all’esordio – tra le situazioni a più elevato tasso di guaribilità in oncologia – tende oggi a limitare il più possibile gli eventi tossici immediati e tardivi, modulando l’intensità e la durata del trattamento in base ai risultati di una PET (Tomografia a Emissione di Positroni) eseguita precocemente nell’iter terapeutico del paziente. Nella malattia in recidiva, coordiniamo i programmi di chemioterapia di induzione seguita da trapianto autologo e/o allogenico. In particolare lo schema chemioterapico IGEV, messo a punto in Humanitas e più recentemente potenziato dalla molecola biologica bortezomib, rappresenta oggi in Italia – ma non solo – il regime di riferimento per le recidive.
Humanitas partecipa inoltre attivamente allo sviluppo e alla sperimentazione, nelle fasi più avanzate della malattia, di nuove molecole biologiche tra cui l’innovativo panobinostat, che agisce nel cuore della cellula (DNA-RNA, a livello della cromatina e dei fattori di trascrizione)”.

Di Monica Florianello

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