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Dall’infiammazione nuove frontiere nella lotta al cancro

28/07/2006

Grazie alle scoperte effettuate negli ultimi anni dalla ricerca biomedica in particolare nel settore immunologico, oggi si fa strada una nuova strategia nella lotta contro i tumori: colpire, per debellare la malattia, non le cellule tumorali, bensì il micro-ambiente che sta loro intorno, nel quale – e grazie al quale – crescono e proliferano.

E’ stato questo il tema dell’intervento del prof. Alberto Mantovani, Direttore Scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas e docente di Patologia Generale presso l’Università degli Studi di Milano, nel corso del convegno internazionale “Targeted therapies in cancer: myth or reality?” promosso da Nerviano Medical Sciences, il maggiore centro di ricerca oncologica nel nostro Paese, del quale Humanitas è co-organizzatore. L’evento scientifico, che si è tenuto a Milano presso l’Atahotel Executive il 4 e 5 settembre, ha dato spazio ad un dibattito con i maggiori esperti da tutto il mondo sulle principali scoperte della ricerca oncologica mondiale, oltre che ad una riflessione filosofica sul tema delle terapie contro il cancro. Parteciperanno, tra gli altri, oltre al presidente Francesco Colotta, Umberto Veronesi, Napoleone Ferrara (San Francisco), Silvia Franceschi (Lione), Malcom K. Brenner (Houston).

“E’ ormai un paradigma accettato – spiega il prof. Alberto Mantovani, co-organizzatore del convegno – il ‘doppio’ legame tra infiammazione e tumore, che abbiamo proposto per la prima volta alla fine degli anni ’70. I nostri studi hanno infatti dimostrato che alcune cellule infiammatorie (i macrofagi) presenti all’interno dei tumori, non svolgono come dovrebbero un ruolo di difesa dell’organismo, ma aiutano lo sviluppo del cancro. In due sensi. Da una parte infatti alcune forme croniche di infiammazione in determinati organi favoriscono l’insorgere del tumore: ad esempio la malattia infiammatoria intestinale, che rappresenta un terreno favorevole per il cancro del colon-retto. Dall’altra parte un tumore, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno concausato da un’infiammazione precedente, per crescere crea un ambiente infiammatorio: è il caso ad esempio del carcinoma della mammella”.

Gli studi di questi anni hanno reso evidenti sempre più nessi fra gli eventi di alterazione dei geni che causano il cancro e la risposta infiammatoria: ad esempio nel caso del tumore del rene, della tiroide, della cervice uterina. “L’infiammazione, dunque, focus della ricerca di Humanitas – prosegue il prof. Mantovani – diventa la chiave non solo per comprendere i tumori, ma anche per combatterli: studiare strategie diverse in grado di interferire con il meccanismo infiammatorio può infatti consentire di sviluppare terapie innovative per la cura del cancro.
Fra queste i vaccini: già oggi ne esiste uno contro l’epatite B efficace per prevenire una considerevole quota di cancri del fegato, e siamo alla vigilia dell’introduzione clinica in tutto il mondo del vaccino contro il Papilloma virus, che provoca il cancro della cervice uterina e probabilmente è coinvolto anche in alcuni tumori della gola. Ogni anno, questo virus causa circa 430 mila morti in tutto il mondo, ed è la prima causa di anni di vita perduti per le donne dei Paesi poveri come l’Africa sub-sahariana. La realizzazione di un vaccino è, dal punto di vista scientifico, un evento epocale: anche perché non tutti i cancri della cervice uterina sono visibili al pap-test, questa nuova arma rappresenta una grande speranza di miglioramento della salute femminile su scala globale.
Questo è un esempio emblematico del legame fra infiammazione e cancro. Da una parte, infatti, sappiamo che il virus del Papilloma causa tumore anche perché scatena una risposta infiammatoria nell’organismo, senza la quale la cancerogenesi si blocca. D’altra parte, una risposta infiammatoria appropriata è essenziale per far funzionare un vaccino. Ecco perché lo studio del rapporto infiammazione-cancro è fondamentale per lo sviluppo di vaccini”.

Se questa è la realtà, il futuro nel settore è rappresentato da vaccini non più preventivi, ma terapeutici. Basati sull’identificazione e il riconoscimento, da parte del sistema immunitario, di strutture presenti sulla cellula tumorale, e sull’utilizzo di cellule ‘sentinella’, capaci di scatenare la risposta immunitaria. Per ora è una speranza, ma sulla quale si sta lavorando in tutto il mondo, compreso il nostro Paese.

Di Monica Florianello

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