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Roberto Gervaso: buona “Salute” a tutti!

30/10/2001

Si intitola “Salute!” , l’ultima fatica letteraria dello scrittore e giornalista Roberto Gervaso. 28 interviste ad altrettanti luminari della medicina italiana che scaturiscono da un’esperienza diretta: un tumore alla prostata autodiagnosticato e definitivamente battuto in sala operatoria. Una storia emblematica di lotta personale contro la malattia che è anche un’inno alla prevenzione. Che si fa anche con la conoscenza oltre che con i comportamenti “che fanno bene alla salute”.

Dott. Gervaso, perché nasce la voglia di scrivere dopo un’esperienza del genere?
“Avevo appena fatto il check-up annuale e mi sentivo benissimo. Tutto ok salvo un aumento del PSA, marker prostatico. Un po’ di ipertrofia sentenziarono frettolosamente due medici romani. Per mesi assunsi un farmaco che avrebbe dovuto abbassare il PSA. Nessun risultato. Quando rifeci questo esame mi insospettirono le sue oscillazioni. Mi sottoposi ad una biopsia che diede esito positivo. Avevo un tumore alla prostata, mi affidai ad un urologo che mi asporto il tumore. Ora sto di nuovo benissimo e questa esperienza mi dato una spinta a scrivere un libro sulla salute che avevo in mente da almeno da 3 anni. Con una morale: bisogna controllarsi sempre e regolarmente”.

Normalmente fin quando non capita, non ci si pensa…
“Ho visto ragazzi giovani con tumori, questo significa che la prevenzione non ha età e va fatta per tempo. Ci sono esami di routine. Io sono sempre stato attento. Ma chi è che dopo i 60 anni non ha problemi? Solo eccezioni. Già dopo i 50 ognuno ha qualche acciacco, nessuno è immortale. Io ho sempre pensato che mi poteva capitare qualunque cosa. Appena ho visto variazioni al PSA ho preteso che mi facessero la biopsia e così sono stato più bravo del mio urologo. Le malattie e le donne sono sempre state le mie fissazioni”.

Lei ha scritto un libro che raccoglie interviste scritte in un linguaggio semplice ed efficace. L’ha fatto per colmare un vuoto di comunicazione? Forse esiste ancora un problema di linguaggio nel rapporto triangolare fra medici, media e pubblico?
“Con poche eccezioni i medici, anche grandi, hanno due difetti: parlano in medichese, ossia in un linguaggio criptico e incomprensibile anche quando scrivono sui giornali. E poi sono prolissi. Un esempio: una delle interviste realizzate, una volta sbobinata era lunga 80 cartelle. E sembrava di leggere un testo di sanscrito. L’altra faccia della medaglia è rappresentata da alcuni giornalisti che, pur non sapendone niente di medicina, scrivono in modo chiaro, ma scrivono delle cose sbagliate. I grandi giornali americani hanno nelle redazioni medici giornalisti che si occupano di questo. Io ho scritto 45 libri, ma non le dico la fatica che ho fatto per questo. Anche se ormai sono uno dei massimi urologi viventi, un grande cefalologo perché per motivi personali conosco bene il mal di testa e la depressione. Sono anche un ginecologo, anche se non ne ho mai avuto bisogno”.

Chi è per lei il grande medico?
“E’ quello che visitando il paziente pensa al peggio rassicurando il medesimo. Io so che Ravasi è il numero uno nel suo campo e che Rigatti è il miglior urologo del mondo. E so che Pinchera è il numero uno sugli studi di endocrinologia. E poi c’è Antonini che ha fondato la scuola di gerontologia, Antinori che, con tutti i suoi difetti, nella fecondazione artificiale è bravo”.

Qual è l’intervista che l’ha coinvolta maggiormente?
“Due in particolare. Quella sulla depressione, perché io ho sofferto molto di depressione nella mia vita. E quella sulla cefalea perché io sono un cefalogico essenziale. Sulla prostata sapevo già tutto e quindi…”

Parliamo di Internet e salute…
“Non so cosa sia internet, so soltanto che è una cosa utile, ma non la considero così utile al punto di cercare di capire cos’è. Ha cambiato il mondo però l’uomo è rimasto lo stesso, quello che ha raccontato Platone”.

A cura di Walter Bruno

Roberto Gervaso – “Salute” – ed. Mondadori

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