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Guglielmo Pepe: perché la salute è uno stile di vita

11/02/2003

“Massima apertura”. E’ il messaggio chiave della lunga esperienza giornalistica di Guglielmo Pepe, prima come capocronista, poi come inviato, oggi come direttore di Repubblica Salute. Il direttore racconta ad Humanitas Salute la sua idea di salute e il suo sforzo giornaliero per raccontarla. In un confronto serrato con i lettori.

Direttore, quanto è cambiata la sensibilità dei lettori sul tema della salute?
L’attenzione è aumentata sia da parte della stampa, sia dei lettori. È difficile dire se il merito o la colpa siano dei media o di chi li legge. Oggi i mass media, rispetto al passato in cui faceva notizia solo la malasanità, mettono in prima pagina anche la medicina, le scienze, la ricerca e le scoperte. È il cittadino a farne richiesta, l’ho verificato attraverso la posta che arriva in redazione e il tipo di domande poste. Sempre più vuole essere informato e ricevere risposte ai propri interrogativi, forse perché non è soddisfatto dal parere e dalle spiegazioni del proprio medico. Ne è esempio la rubrica di “salutefax”. Nata sette anni fa col primo numero del giornale è uno dei punti forti e più letti.

Quali sono gli elementi che caratterizzano la linea editoriale del tuo giornale?
L’estrema apertura ai temi medici e agli approcci. Siamo oggi un punto di riferimento per quelli che credono che non esista una sola medicina. Questa caratteristica ha segnato il giornale fin dall’inizio: non accontentarsi della scienza ufficiale ma cercare anche altre strade terapeutiche. La salute non è un esigenza che nasce solo quando ci si deve curare. La salute deve essere intesa come attenzione alla persona nella sua globalità, anche ai suoi interessi culturali. La salute è stile di vita, oggi non potrebbe essere diversamente. Anche i medici iniziano a capirlo, ma non ancora il mondo accademico.

Quanto è importante la ricerca?
Lo è al punto che in ogni numero dedichiamo a questo tema 4, a volte 5, pagine. Nell’equilibrio del giornale ha un grosso spazio.

E i lettori sono interessati?
Sono loro a richiedere queste informazioni e noi facciamo di tutto perché queste passino per due motivi. Innanzitutto perché con la ricerca è possibile allargare il fronte della medicina a quella non convenzionale, per spiegarne i limiti e le potenzialità. In secondo luogo, la ricerca è importante soprattutto per il futuro: più i laboratori individuano nuove strategie terapeutiche, tanto più è possibile trovare la chiave di svolta del domani della medicina. Il vero problema sono i fondi per le ricerche. Mentre in Italia questa attività non gode di grandi investimenti, all’estero c’è la consapevolezza che si otterrà un ritorno. In chiave di prevenzione poi, la spesa sanitaria iniziale per la ricerca può essere vista come una forma di investimento e garanzia nella qualità per gli anni a venire. Un discorso che vale a maggior ragione in un paese come il nostro ad altissimo tasso di invecchiamento. Per questo ritengo che investire sulla prevenzione, sulla ricerca, ma anche sulle strutture, le idee, le persone sia una delle chiavi di sviluppo di qualunque Paese.

Che rapporto hai con Internet?
Pessimo.

Credi che possa essere uno strumento valido nel campo della salute?
Internet è importante soprattutto per la velocità con cui vengono immesse in rete una quantità spaventosa di informazioni. Internet è uno strumento magico per chi come me lavora nel mondo dell’informazione. Internet può generare anche un fenomeno negativo: la disumanizzazione. È una realtà virtuale. Oltre tutto si moltiplicano i siti. Sono 34.000 in Italia. Non posso fare a meno di domandarmi come fa una persona non esperta a valutarne la qualità?

A cura di Walter Bruno
(Ha collaborato Silvana Santoro)

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