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Le patologie dell’età matura

06/11/2006

Dopo aver esaminato le patologie più frequenti in età giovanile e adulta, parliamo questa settimana dell’artrosi, la classica malattia che può colpire l’articolazione della spalla in età più avanzata. Anche in questo caso i trattamenti possibili sono quello conservativo, che si avvale della riabilitazione, e quello chirurgico, entrambi volti a restituire al paziente una migliore qualità della vita, laddove il dolore artrosico l’aveva fortemente compromessa. Ce ne parla il dott. Mario Borroni, specialista dell’Unità Operativa di Ortopedia-Chirurgia della Spalla di Humanitas, diretta dal dott. Alessandro Castagna.

Un processo degenerativo: l’artrosi
“La patologia della spalla più comune in età matura – spiega il dott. Borroni – è sicuramente l’artrosi, cioè un processo degenerativo a livello dell’apparato osteo-cartilagineo, che interessa maggiormente l’arto che si utilizza di più. Questa patologia riguarda tutte le articolazioni, ma soprattutto il ginocchio, l’anca e appunto la spalla. L’artrosi può essere conseguenza di traumi (fratture) e malattie sistemiche (ad esempio l’artrite reumatoide) e in questo caso può insorgere anche in età giovanile. La più frequente è però l’artrosi primaria, che non è conseguenza di alcuna malattia ed è propria dell’età più avanzata”.
“Nel caso della spalla, l’artrosi può essere divisa in due grandi categorie: la forma artrosica che comporta l’usura di cartilagine e a volte anche di osso della parte della testa omerale, associata a volte anche all’usura della glenoide (la parte della scapola che si interfaccia con la testa dell’omero), in assenza di lesioni tendinee; la forma in cui questo tipo di usura è associata a lesioni (o rotture) dei tendini della cuffia dei rotatori. La rottura dei tendini della cuffia dei rotatori comporta un’alterazione della biomeccanica della spalla, che può facilmente portare a un’usura osteo-cartilaginea. Si tratta di un fattore che predispone all’insorgere dell’artrosi e che quindi va sempre trattato precocemente. Per rimandare il più possibile l’insorgere dell’artrosi è necessario mantenere una buona funzionalità della spalla: preservando dunque un buon tono muscolare, che previene l’atrofia, e un’integrità delle strutture tendinee e muscolari (trattando quindi subito le rotture della cuffia dei rotatori). Va ricordato però che alla base dell’insorgere dell’artrosi vi sono anche dei fattori genetici su cui non è possibile intervenire in alcun modo”.

I trattamenti: conservativo e pulizia dell’articolazione
“Va detto innanzitutto che i trattamenti disponibili per trattare l’artrosi della spalla, pur se molto diversi tra loro, hanno lo scopo di risolvere la sintomatologia dolorosa e di ridare quindi al paziente una migliore qualità della vita, senza riuscire però a restituire alla spalla la sua piena funzionalità, né in termini di movimento né di forza. Si può optare innanzitutto per un trattamento conservativo, cioè una riabilitazione della spalla che le consenta di funzionare al meglio, o per un trattamento chirurgico. È possibile eseguire una pulizia dei tessuti erosi per via artroscopica, in anestesia locale e in Day-Hospital. Si tratta di un intervento mininvasivo che però non assicura risultati soddisfacenti: il lavaggio delle strutture usurate all’interno dell’articolazione può portare a un beneficio sulla sintomatologia dolorosa per un periodo di tempo che non è possibile prevedere e molte volte rappresenta un palliativo di breve durata. Si tratta dunque di un’alternativa valida per quei pazienti che non possono essere sottoposti a un intervento più impegnativo, quale la sostituzione protesica dell’articolazione”.

Le protesi
“Per quanto riguarda la spalla è possibile effettuare tre diversi tipi di sostituzione protesica: una endoprotesi (la sostituzione della sola componente omerale) con una protesi mininvasiva di rivestimento della superficie articolare oppure con una protesi più completa che si inserisce nell’omero; una protesi totale, che coinvolge sia il versante omerale che quello glenoideo (scapolare) e che necessita però di una cuffia dei rotatori integra, perché in assenza di tendini funzionanti non si può ripristinare il movimento della spalla; una protesi inversa, che permette di muovere la spalla anche in presenza di una rottura dei tendini della cuffia del rotatori. Questo terzo tipo di protesi ha la particolarità di presentare la superficie sferica a livello della scapola e quella concava a livello della testa dell’omero, contrariamente a quanto avviene nella vera articolazione. In questo modo si riesce a sfruttare l’azione del muscolo deltoide, che in genere non è lesionato e può essere utilizzato per restituire alla spalla un movimento sufficiente. L’intervento si esegue in anestesia generale e necessita di un ricovero di 4-5 giorni. A seconda del tipo di protesi impiantato, il paziente si dovrà sottoporre a un determinato percorso post-operatorio (utilizzo di un tutore per 2-4 settimane) e a un trattamento riabilitativo piuttosto lungo, per riacquistare movimento e forza sufficienti per le comuni attività quotidiane”.

A cura di Elena Villa

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