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Viaggio nelle malattie autoimmuni

11/06/2002

Continua questa settimana l’analisi delle malattie autoimmuni sotto la guida del dottor Giovanni Covini, specialista in medicina generale ed epatologia in Humanitas. Ecco le principali caratteristiche di altre due diffuse malattie.

Artrite Reumatoide
Il principale bersaglio del sistema immunitario in questo caso è rappresentato dalla membrana sinoviale che avvolge le articolazioni. L’infiammazione che si determina a questo livello solitamente è simmetrica, si produce cioè da entrambe le parti del corpo, e questo distingue l’artrite reumatoide dall’artrosi, che è una affezione degenerativa delle articolazioni più comune. Il processo causa dolore, edema, cioè accumulo di liquidi, nonché indolenzimento delle articolazioni. Talvolta il sistema immunitario può attaccare i polmoni i vasi sanguigni o gli occhi. Saltuariamente chi ne soffre può sviluppare sintomi di altre malattie autoimmuni come la malattia di Sjogren che provoca secchezza delle mucose degli occhi, della bocca e della vagina. L’artrite reumatoide, da cui è affetto l’1% della popolazione, nella sua forma d’esordio più tipica si manifesta con tumefazioni ai polsi, alle caviglie e alle piccole articolazioni delle mani e dei piedi. Le donne sono più colpite degli uomini; sebbene possa fare la sua comparsa dai primi mesi di vita fino ai novanta anni, è il periodo di ingresso in menopausa quello in cui la malattia ha la massima incidenza. Nelle sue conseguenze più estreme arriva a distruggere le articolazioni. Se a essere colpite sono le grandi articolazioni, l’anca ad esempio, si rende obbligatorio l’inserimento di protesi mentre su quelle più piccole la malattia determina deformazioni: tipiche quelle dette a “colpo di vento” e a “collo di cigno”, che si producono nelle dita delle mani. Attualmente le terapie sono indirizzate a ridurre l’infiammazione delle articolazioni. Questo si realizza mediante l’utilizzo, come sintomatici, di farmaci antinfiammatori non steroidei detti FANS o steroidei, cioè cortisonici, o tramite l’ausilio di terapie immunosoppressive che inibiscono l’attività del sistema immunitario come ad esempio il metotrexate e la ciclosporina. La diagnosi è fondamentalmente clinica. Gli esami di laboratorio sono volti ad evidenziare la presenza di fattori dell’infiammazione che però, non essendo del tutto specifici, non sempre si rivelano determinanti. Questi parametri si utilizzano piuttosto per seguire l’andamento della malattia. Tra questi, viene monitorato tipicamente il fattore reumatoide, un autoanticorpo non specifico. Anche in questo caso l’unica forma di “prevenzione” è la diagnosi precoce, che permette di prevenire un attacco troppo massiccio a carico delle articolazioni.

Diabete Mellito di tipo I
Detta anche diabete giovanile, questa malattia è dovuta alla distruzione di natura autoimmune delle cellule insulino-produttrici del pancreas. L’insulina serve al corpo per tenere sotto controllo il livello di zucchero del sangue. Il diabete distrugge la maggior parte delle cellule produttrici di insulina prima che il paziente ne manifesti i sintomi. Questi sono senso di affaticamento, necessità di urinare di frequente, dimagramento, fame e sete aumentate e possibilità di occasionali stati di confusione. Il diabete fa la sua comparsa in genere prima dei trenta anni, addirittura nel primo anno di vita. Assieme al diabete di tipo 2 (che non è di natura autoimmune), è la malattia che maggiormente causa danni renale, perdita della vista e problemi ai vasi sanguigni: questi ultimi hanno conseguenze di varia gravità, l’estrema delle quali è rappresentata da problemi circolatori che possono portare all’amputazione degli arti inferiori per fenomeni di cancrena. L’incidenza, cioè il numero di nuovi casi, è in costante aumento ma molto diversa da regione a regione con una punta massima in Sardegna dove risulta da tre a cinque volte maggiore di quella riscontrata nelle altre regioni italiane ed è simile a quella finlandese, la più alta d’Europa con valori di circa 36 ammalati ogni 100.000 abitanti. Il Diabete mellito di tipo I è la malattia metabolica più frequente in età pediatrica. L’età di insorgenza è tra i 5 e i 9 anni e i maschi risultano più colpiti delle femmine con un rapporto di 2:1. Si cura fornendo all’organismo l’insulina che esso non è più in grado di produrre. Un controllo accurato e costante dei livelli di glucosio del sangue diminuisce il verificarsi degli eventi dannosi a carico dei vari distretti corporei.

A cura di Giorgia Diana

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