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Smog, perché mette a rischio cuore, polmoni e cervello?

21/03/2017

L’inquinamento atmosferico è uno dei fattori di rischio per la salute del cuore, dell’apparato respiratorio e anche del cervello. L’esposizione al particolato fine, le particelle di sostanze inquinanti disperse nell’atmosfera non visibili a occhio nudo dal diametro infinitesimale (cosiddette PM 2,5) aumenta infatti il rischio di ictus, malattie respiratorie e malattia cardiaca. Ma in che modo lo smog può danneggiare la salute cardiocerebrovascolare?

Un gruppo di ricercatori della Brigham Young University di Provo (Stati Uniti) ha indagato il meccanismo alla base di queste patologie in una ricerca pubblicata su Circulation Research. Ha visto come l’esposizione a queste polveri sottili può causare un danno all’endotelio (il rivestimento interno dei vasi sanguigni) e indurre un’infiammazione sistemica.

(Per approfondire leggi qui: Ictus, tra i 10 fattori di rischio anche lo smog: è dannoso come il fumo)

Il team ha analizzato i campioni di sangue di tre gruppi di 24 persone di adulti sani, non fumatori, in tre momenti, tra il 2014 e il 2015, ciascuno con diversi livelli di PM 2,5, maggiori o minori. Qual era la risposta dell’organismo all’esposizione allo smog? Se episodica, a questa era associato un aumento della morte cellulare e a un innalzamento dei valori di alcuni biomarcatori che indicano un’infiammazione in corso.

È plausibile l’ipotesi dello studio, ovvero che l’esposizione allo smog può portare a delle modificazioni delle cellule immunitarie, aumentare l’accumulo di materiale nel circolo sanguigno e innescare un’infiammazione? «Certamente. L’ipotesi dello studio è non solo plausibile ma anche supportata da evidenze precedentemente pubblicate che hanno associato l’esposizione ad alti livelli di PM 2,5 con un aumentato rischio di mortalità cardiovascolare nel breve e nel lungo termine», risponde il dottor Giulio Stefanini, ricercatore universitario in Cardiologia di Humanitas University .

8 città su 10 nel mondo esposte allo smog

All’inquinamento atmosferico e a quello domestico – dice l’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità – sono associate ben 6,5 milioni di morti nel mondo. Le principali fonti di queste particelle tossiche sono i mezzi di trasporto inefficienti, i combustibili domestici e le emissioni industriali. L’80% delle città è al di sopra della soglia di sicurezza identificata dall’organizzazione, ovvero una media annua di 10 μg/m3.

Il 36% dei decessi associati all’inquinamento indoor e atmosferico sono dovuti al tumore ai polmoni ma il 34% e il 27% rispettivamente a ictus cerebrale e a malattia cardiaca. Alla base di queste patologie potrebbe esserci il danno endoteliale e il processo infiammatorio identificato dai ricercatori della Brigham Young University.

(Per approfondire leggi qui: Oms, il 90% della popolazione mondiale respira aria inquinata)

L’esposizione allo smog può peggiorare la salute cardiovascolare di soggetti con alcuni problemi o già esposti a fattori di rischio come il fumo di sigaretta? «Sì. I soggetti già colpiti da ictus o infarto e i pazienti con un alto rischio cardiovascolare dovuto alla presenza di uno o più fattori di rischio possono vedere il loro rischio soggettivo ulteriormente aumentato dall’esposizione ad alti livelli di PM 2,5. In particolare sono esposti a un più alto rischio di nuovi ictus, nuovi infarti e morte cardiovascolare».

Dobbiamo rassegnarci e considerare lo smog una sorta di “fattore di rischio non modificabile”?

«No. Credo che programmi di prevenzione che mirino a ridurre i livelli di PM 2,5 possano giocare un ruolo chiave. L’obiettivo primario deve essere aumentare l’efficienza dei mezzi di trasporto e ridurre le emissioni industriali», conclude il dottor Stefanini.

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