Stai leggendo Ecco cosa resterebbe dello smog nel cervello

Magazine

Ecco cosa resterebbe dello smog nel cervello

13/10/2016

Piccole particelle magnetiche. Sono queste le tracce che l’inquinamento atmosferico potrebbe lasciare nel cervello. La scoperta arriva dall’Inghilterra, da ricercatori della Lancaster University che hanno trovato delle nanoparticelle di magnetite, un minerale ferroso, nel tessuto cerebrale di alcuni individui.

Per scovare queste particelle il team ha utilizzato l’analisi spettroscopica sul tessuto cerebrale di 37 individui dai 3 ai 92 anni che vivevano a Città del Messico e Manchester, in Inghilterra, due città tra le più inquinate al mondo. Le particelle osservate nel cervello erano abbondanti, sferiche, di diametro fino a 150 nanometri, alcune con una superficie fusa: tutte caratteristiche che richiamano la formazione ad alte temperature, come la combustione dei carburanti per automobili (in particolare diesel) o gli incendi. I resti di magnetite sotto forma di particelle sferiche erano presenti in un rapporto di 100 a 1 rispetto ai cristalli angolari di magnetite che invece sono prodotti naturalmente dall’organismo.

(Per approfondire leggi qui: Smog, anche il cervello ne soffre)

Sono le stesse particelle rinvenibili negli ambienti urbani, in particolare nelle vicinanze di strade trafficate, come affermato nello studio. Particelle di dimensioni inferiori a 200 nanometri sono sufficientemente sottili da penetrare direttamente nel cervello con la respirazione.

Quali rischi comporta la presenza di queste nanoparticelle?

Benché gli effetti della presenza di magnetite nel cervello siano ancora del tutto da chiarire, gli autori dello studio ipotizzano che tali particelle potrebbero partecipare alla formazione di radicali liberi i quali sono a loro volta associati a processi di neurodegenerativi come quelli osservati nella malattia di Alzheimer.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica PNAS.

Il dottor Davide Pozzi, ricercatore del Laboratorio di Neurofisiologia dei difetti del neurosviluppo, insieme alla dottoressa Lorena Passoni, ricercatrice, esperta nell’utilizzo di nanoparticelle applicate alla neurooncologia dell’ospedale Humanitas, osservano però che «le particelle individuate dai ricercatori sono comunque di grosse dimensioni, rendendo difficoltoso il loro passaggio attraverso la barriera ematoencefalica, la barriera interposta fra sangue e tessuto nervoso che regola il transito di sostanze chimiche dal sangue verso il cervello proteggendolo».

Queste particelle potrebbero essersi formate autonomamente nell’organismo?

«È arduo ipotizzare che queste particelle più grandi abbiano potuto avere origine da particelle di dimensioni ridotte», risponde la dottoressa Passoni.

In ogni caso la presenza di queste particelle sarebbe un pericolo per la salute «perché potrebbero dare origine a una risposta immunitaria o dar vita a specie reattive in grado di indurre infiammazioni o danni genetici».

(Per approfondire leggi qui: Smog, Cnr: “In 25 anni raddoppiati casi di disturbi respiratori”)

«Sebbene il legame tra salute del sistema cerebrovascolare e inquinamento atmosferico sia ormai accettato, lo studio è molto importante in quanto costituisce la prima evidenza scientifica che dimostrano la presenza nel cervello di particolato proveniente da processi di combustione esterni. Tuttavia, tale studio necessita di ulteriore approfondimenti al fine di chiarire il diretto legame tra queste particelle ed eventuali malattie neurodegenerative».

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita