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Tiroide a rischio disfunzione per colpa di agenti chimici antifiamma?

13/06/2016

Le sostanze chimiche “antifiamma” potrebbero aumentare il rischio di problemi alla tiroide nelle donne. È la conclusione di una ricerca condotta da scienziati della Harvard T.H. Chan School of Public Health (Stati Uniti) pubblicata su Environmental Health. Particolarmente a rischio sarebbero le donne dopo la menopausa.

I ricercatori hanno analizzato la concentrazione nel sangue di quattro tipi di Eteri di difenile polibromurato, sostanze chimiche usate per anni come ritardanti di fiamma, per ridurre il rischio di accensione e propagazione di fiamme, in particolare nei mobili d’arredamento ma anche nei materiali da costruzione. Queste sostanze, dicono i ricercatori, si sono disperse nell’aria e depositate nella polvere per essere poi assorbite dall’organismo.

(Per approfondire leggi qui: Tiroide, se funziona male può cambiare anche l’umore)

Dallo studio è emerso che le donne avevano una probabilità di sviluppare problemi alla tiroide maggiore di 5 volte rispetto agli uomini. La percentuale andava dal 13 al 16% nelle donne e dal 2 al 3% negli uomini.

Sostanze chimiche interferirebbero con il sistema endocrino

Precedenti ricerche hanno dimostrato che queste sostanze chimiche interferiscono con la produzione di ormoni, compresi quelli tiroidei. Dal momento che gli estrogeni ne regolano la produzione, i ricercatori ipotizzano che le donne dopo la menopausa possono essere più vulnerabili agli effetti indotti dalla presenza di tali sostanze sulla funzione tiroidea. Le disfunzioni tiroidee richiamate nella ricerca sono l’iper- e l’ipotiroidismo, la tiroidite di Hashimoto e il gozzo.

Al pari di tante altre sostanze, dunque, anche questi agenti ignifughi agirebbero come interferenti endocrini, «sostanze che possono interferire con lo sviluppo puberale e la fertilità agendo sia a livello ipofisario che, perifericamente, a livello ovarico o testicolare», spiega il professor Andrea Lania, docente di Endocrinologia presso Humanitas University e responsabile dell’Unità Operativa di Endocrinologia dell’ospedale Humanitas.

(Per approfondire leggi qui: Tumore dell’ipofisi, dall’ambiente quali fattori di rischio?)

«Tali sostanze possono interferire con la produzione degli ormoni, modificare le proteine deputate al trasporto degli ormoni in circolo, o interferire con il metabolismo degli ormoni stessi».

Quali altre sostanze chimiche sono state messe sotto accusa in questo senso?

«Solventi, lubrificanti, oli isolanti, vernici, materiali plastici (per via di ftalati e bisfenolo), alcuni pesticidi come il DDT, metalli pesanti. Per agire come interferenti endocrini, però, l’esposizione a queste sostanze dev’essere prolungata nel tempo, per questo il rischio è maggiore per chi lavora a contatto con queste sostanze piuttosto che per chi occasionalmente usa prodotti che le contengono», conclude il professore.

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