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Perché non tutti ricordano i sogni?

15/12/2015

“Aiuto! Non ricordo cosa ho sognato!”. Spesso ci si sveglia storditi, si avverte qualcosa, si capisce di aver sognato ma non si riesce a raccontare quanto vissuto nel sonno. La voglia di riferire un sogno è pressante ma proprio no, non si riesce a ricordarlo. Perché succede questo?

Sembra che tutti dimentichino oltre il 90% dei sogni fatti: capita a tutti di non ricordare i propri sogni. Tutti sogniamo per circa il 25% della durata del sonno, ma non sempre riusciamo a richiamare i sogni. Pertanto non ci dev’essere nessuna “angoscia” o “frustrazione” se non si riesce a rievocare quello che si è sognato dormendo. Ne parliamo con gli specialisti di Humanitas.

 

Se al risveglio si è distratti, difficilmente si ricordano i sogni

La capacità di ricordare i sogni dipende da una serie di fattori. La fase del sonno in cui ci si sveglia è importante, infatti non sogniamo per l’intera durata della notte ma in fasi specifiche che si alternano nel corso del sonno. Perciò se il risveglio avviene in una delle fasi in cui si sogna (le fasi REM) è più probabile riuscire a ricordare il sogno. Anche le condizioni del risveglio sono rilevanti.

In media il ricordo del sogno permane per circa 15 minuti dopo il risveglio perciò se non si è subito concentrati a memorizzarlo è facile che sfugga. Per esempio se al risveglio si è distratti da altre questioni o in ritardo, sarà improbabile avere un buon ricordo di quanto sognato. Altri fattori importanti riguardano le caratteristiche del sogno, per esempio sogni molto intensi emotivamente, che ci hanno addirittura svegliato o particolarmente bizzarri, sono ricordati più facilmente. Un buon trucco per ricordarsi i sogni è quello di tenere una sorta di diario, magari proprio sul comodino, a portata di mano, per appuntare quanto si è sognato appena svegli. Un esercizio che può essere utile anche per stimolare la memorizzazione dei sogni nel tempo.

 

Ma i sogni cosa rivelano?

Non si è ancora arrivati ad una risposta univoca. Per esempio, secondo la psicoanalisi classica, quella di Freud, i sogni sarebbero una delle vie preferenziali per comprendere i nostri contenuti e impulsi inconsci. I sogni sarebbero la rappresentazione onirica mascherata di impulsi inconsci. La mente, per non interrompere il sonno, trasforma questi impulsi in sogni: se gli impulsi si manifestassero improvvisamente avrebbero un impatto dirompente e dunque, per dar loro voce, la mente li trasforma in immagini visive spesso senza un apparente flusso logico.

Tuttavia negli ultimi anni, anche grazie alle possibilità offerte da alcune tecniche di visualizzazione del cervello come la risonanza magnetica funzionale e la PET, le neuroscienze cognitive hanno cambiato il modo d’intendere i sogni. Si è potuto scoprire che il cervello è molto attivo durante la fase del sogno, per nulla a risposo. Per alcuni ricercatori il sogno, per quanto bizzarro, sarebbe un processo cognitivo che aiuterebbe i meccanismi di consolidamento della memoria o che darebbe seguito a processi di elaborazione già in corso durante la veglia.

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