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Diabete di tipo 2, mortalità giù di un terzo con farmaco per la glicemia

23/09/2015

Un farmaco per il trattamento del diabete di tipo 2, l’empagliflozin, riduce di oltre il 30% la mortalità e di quasi il 40% la mortalità per eventi cardiovascolari avversi. Sono i risultati dello studio Empa-Reg Outcome presentato all’ultimo Congresso europeo di diabetologia (Easd) e pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine.

L’empagliflozin è un farmaco usato per ridurre il livello di glucosio nel sangue promuovendone l’espulsione tramite l’urina. L’obiettivo dello studio era valutare gli effetti della somministrazione di empagliflozin, in aggiunta al trattamento standard del diabete di tipo 2, sulla salute cardiovascolare e sulla mortalità generale.

Tra diabete e salute cardiovascolare c’è uno stretto legame. Il diabete è infatti un chiaro fattore di rischio: almeno il 68% dei pazienti affetti da diabete con più di 65 anni muore per una malattia cardiovascolare (Fonte dati: Centers for Disease control and prevention). In media un individuo affetto da diabete che non ha sofferto di disturbi al sistema vascolare muore 6 anni prima rispetto a un individuo sano.

Lo studio è stato condotto su oltre 7mila pazienti divisi in due gruppi: quello di controllo che ha assunto un placebo e quello formato da pazienti a cui è stato dato l’empagliflozin con dosaggi diversi (10 o 25 mg al giorno).

Quali sono stati i risultati? Rispetto al gruppo di controllo, nei pazienti trattati con empagliflozin c’è stata una riduzione del 35% dei ricoveri ospedalieri per insufficienza cardiaca, del 38% della mortalità per eventi cardiovascolari avversi e del 32% del tasso di mortalità generale. Il farmaco è stato ben tollerato dal campione; come controindicazioni ha prodotto per lo più infezioni genitali, soprattutto fra le donne. Approfondiamo l’argomento con gli specialisti di Humanitas.

Che tipo di farmaco è l’empaglifozin?

Si tratta di una nuova categoria di farmaci (glifozine) che hanno un effetto glicosurico (che favoriscono quindi l’eliminazione del glucosio nelle urine) agendo direttamente sul rene, precisamente sul cotrasportatore 2 di sodio-glucosio SGTL2, inibendo il riassorbimento del glucosio a questo livello.

(Per approfondire leggi qui: Diabete, 1,5 milioni di italiani abbandonano la terapia)

Il paziente affetto da diabete tipo 2 sembra avere un riassorbimento di glucosio aumentato: un’altra causa di iperglicemia (oltre all’insulino-resistenza e al deficit di secrezione insulinica post-prandiale) sulla quale agire per migliorare il compenso metabolico. L’azione di questi farmaci è indipendente dall’attività insulinica, quindi sinergica con altri farmaci che agiscono su altre cause fisio-patologiche della malattia. Nonostante si tratti di un farmaco molto recente, in Humanitas abbiamo già una discreta esperienza nel loro utilizzo, con soddisfazione da parte nostra e dei pazienti trattati.

Perché l’empagliflozin ha questo effetto sulla salute cardiovascolare?

I motivi possono essere molteplici e da ricercare nei cosiddetti effetti extra-glicemici (cioè non legati direttamente alla riduzione della glicemia tout-court). Empagliflozin ha un effetto sulla pressione arteriosa (riducendo sia la sistolica che la diastolica), sull’uricemia (contribuendo ad abbassare anche il livello di acido urico nel sangue) e sul peso corporeo (direttamente sulla massa grassa e non facendo perdere liquidi) favorendo un calo ponderale dai 3 ai 5 Kg. Verosimilmente la sommatoria di tutti questi effetti, con l’azione sulla glicemia, contribuisce al risultato finale di ridurre il rischio cardio-vascolare controllandone i fattori di rischio a più livelli.

(Per approfondire leggi qui: Cuore e cervello, malattie cardio e cerebrovascolari la prima causa di morte in Europa)

Quali conseguenze potrà avere questa ricerca nel trattamento del diabete di tipo 2?

Offre un’altra opportunità, un ulteriore strumento per curare al meglio questa patologia sempre più diffusa. Avere a disposizione farmaci sempre più mirati alle cause della malattia diabetica (e quindi indirizzati anche a ridurne il rischio delle complicanze, cardiache e non) permette di costruire una terapia adatta al paziente, avendo ben chiaro che non tutti i pazienti diabetici rispondono alla stessa medicina, ma che ogni paziente è una storia a sé e che richiede una personalizzazione che lo specialista diabetologo può individuare e costruire in accordo con il paziente stesso.

 

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