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Nuovi marcatori per prevedere ictus e infarto, a che punto è la ricerca

05/08/2015

Prevedere ictus e infarto grazie all’identificazione di nuovi biomarcatori. È questo l’obiettivo del progetto di un team di ricercatori dell’ospedale Humanitas guidato dal dottor Giulio Stefanini, specialista dell’Unità Operativa di Emodinamica e Cardiologia Interventistica di Humanitas.

“Al cuore della prevenzione: nuovi marcatori predittivi di ictus e infarto” è il nome di questo progetto. Un lavoro finalizzato alla prevenzione per identificare quei pazienti a più alto rischio su cui intervenire rapidamente con strategie di prevenzione su infarto e ictus o trattamenti clinici più intensivi. Questo progetto è stato finanziato anche con i fondi del 5×1000 destinati all’ospedale Humanitas. A che punto è la ricerca?

«Il progetto è stato avviato ed è in cantiere la costituzione di una biobanca, forse la fase più ardua dell’intero progetto di ricerca. Stiamo reclutando pazienti sottoposti a un intervento di rivascolarizzazione coronarica. Tuttavia dobbiamo aspettare per avere informazioni complete su questi pazienti, una categoria di individui che ha un’alta probabilità di essere colpito da un evento coronarico avverso, ictus o infarto, o di essere sottoposto a un nuovo intervento di rivascolarizzazione nei 6-12 mesi successivi all’intervento iniziale», spiega il dottor Stefanini. (Per approfondire leggi qui: Ictus e infarto, solo una questione genetica?)

«In nostro possesso abbiamo dei dati preliminari con cui identificare i biomarcatori potenzialmente responsabili di questi eventi ischemici che poi verificheremo sui pazienti reclutati. Incrociando i dati valuteremo quali biomarcatori sono associati a un rischio maggiore».

Quali biomarcatori saranno utilizzati?

«Principalmente microRNA circolanti nel sangue, piccoli elementi cellulari scoperti da poco e associati all’insorgenza di malattie cardiovascolari», risponde lo specialista.

Perché proprio pazienti che hanno subito un intervento di rivascolarizzazione coronarica per ripristinare l’irrorazione di sangue nell’arteria colpita? «Sono un’importante popolazione di pazienti per la fase di prevenzione secondaria poiché hanno già avuto un evento coronarico, quindi sono per definizione ad alto rischio. Questo però non ci preclude la possibilità di verificare se questi stessi biomarcatori siano utilizzabili anche su altre popolazioni», conclude il dottor Stefanini.

 

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