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Hiv, virus regredisce dopo 12 anni dalla sospensione della terapia

22/07/2015

Il virus dell’Hiv è regredito in una ragazza francese a 12 anni dalla sospensione della terapia. La ragazza ha 18 anni ed è sieropositiva dalla nascita. È il primo caso di una remissione così prolungata dopo l’interruzione della terapia antiretrovirale. Il caso è stato presentato alla conferenza dell’International Aids Society a Vancouver da un team di ricercatori dell’Istituto Pasteur e dell’istituto Necker di Parigi.

Si tratta certamente del caso più lungo e duraturo di remissione della malattia e di scomparsa di ogni traccia del virus HIV-1 circolante dopo l’interruzione della potente terapia che prevede la somministrazione di tre o più farmaci più volte al giorno. Abbiamo chiesto al dottor Domenico Mavilio, ricercatore e responsabile del Laboratorio di Immunologia Clinica e sperimentale di Humanitas, di spiegarci l’importanza di questo decorso favorevole dell’infezione da HIV-1.

«Innanzitutto va precisato che non si può considerare questa paziente definitivamente guarita dall’infezione. Anche perché è assolutamente impossibile sapere come evolverà l’infezione e la storia clinica della stessa ragazza nei prossimi 10 anni. Proprio per questo, i medici continueranno a monitorarla ancora più da vicino nel futuro considerando l’eccezionalità del suo decorso di latenza della malattia».

I meccanismi della remissione del virus Hiv non sono noti

«La paziente ha contratto l’infezione durante la gravidanza o al momento del parto dalla mamma che aveva un’altissima concentrazione di virus circolante nell’ultimo trimestre di gestazione, virus che ha trasmesso alla nascitura. Di lì a qualche mese la neonata ha subito cominciato la terapia che ha controllato con successo l’infezione bloccando la replicazione del virus. Questa terapia è stata poi interrotta dai medici e, sorprendentemente, l’infezione ha continuato ad essere controllata per 12 anni».

«Ignoriamo quali siano i meccanismi alla base di questa prognosi cosi favorevole e non è la prima volta che simili casi accadono. Infatti, ci sono stati altri bambini sieropositivi con una storia simile, di cui una recentemente negli Stati Uniti, la cosiddetta “Bambina del Mississippi” che ha controllato la l’infezione per 2 anni e mezzo, ed uno in Italia curato presso l’ospedale Sacco di Milano in cui il virus è scomparso per 3 anni. Entrambi in assenza di alcuna terapia anti-retrovirale nonostante avessero contratto l’infezione alla loro nascita. Purtroppo, però, il virus è poi inesorabilmente tornato in questi due ultimi bambini che hanno ripreso la terapia». (Per approfondire leggi qui: Aids, “scoperto” il nascondiglio del virus Hiv)

Altamente probabile che il virus Hiv faccia la sua ricomparsa

«Anche per quest’ultima bambina francese la comunità scientifica si aspetta che prima o poi il virus ritorni, ma non si sa quando. Solo se questo non accadesse come tutti auspicheremmo, allora lei costituirebbe un caso realmente unico nell’intera storia della malattia. Infatti, l’eccezionalità di questo caso sta principalmente nel tempo in cui la bambina ha controllato l’infezione. Pertanto, è sbagliato il principio di interrompere a priori la terapia sperando di essere uno di quei rarissimi casi che controllano l’infezione. Questo in realtà non farebbe altro che favorire la possibile comparsa resistenza ai farmaci e far progredire l’infezione».

«Le ipotesi alla base di questo controllo naturale dell’infezione – prosegue il dott. Mavilio – sono tante, ma nessuna è stata dimostrata sperimentalmente. Certamente questi rari casi possono aiutarci molto a capire la patogenesi della malattia cosi come succede per i cosiddetti “elite controller”, cioè quella categoria di pazienti sieropositivi che non progrediscono verso la malattia conclamata in assenza di terapia ed in presenza di un controllo naturale della replicazione virale. Ed in effetti tutti questi pazienti molto rari sono molto studiati e monitorati dagli scienziati, perché rappresentano il modello ideale per capire i meccanismi sia virologici che immunologici che inducono sia la latenza del virus HIV-1 che il controllo dell’infezione. La conoscenza di questi aspetti è alla base per sviluppare poi interventi terapeutici innovativi basati su vaccini o farmaci in grado di indurre tali condizioni biologiche eccezionali in tutti i pazienti che iniziano la terapia precoce, al fine di sospenderla e mantenere una remissione duratura dell’infezione», conclude lo specialista. (Per approfondire leggi qui: Hiv, allo studio una nuova ipotesi di vaccino)

 

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