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Batteri super resistenti, allarme inglese. E in Italia?

07/04/2015

Le previsioni parlano di 200mila contagi e 80mila morti. Ecco le possibili conseguenze di un’infezione causata dai batteri diventati sempre più resistenti all’azione degli antibiotici. Le previsioni arrivano dal Governo britannico e sono contenuti nel National Risk Register of Civil Emergencies, un rapporto che fornisce le indicazioni da seguire in caso di diverse minacce, dalle epidemie al terrorismo. Inoltre, il rischio di nuove infezioni è destinato significativamente nei prossimi vent’anni.

Da Londra arriva un appello rivolto alle autorità mondiali della sanità e al mondo della ricerca scientifica, per mettere a punto nuovi antibiotici in grado di vincere la resistenza di questi batteri killer. Senza nuovi farmaci ancora più potenti sarebbero a rischio infezione anche operazioni di routine e diverse procedure della medicina moderna come il trapianto di organi e alcuni trattamenti oncologici. E il numero di vittime potrebbe ulteriormente aumentare. Secondo un rappresentante del ministero della Salute britannico, senza le adeguate misure, in vent’anni la Gran Bretagna tornerebbe indietro al XIX secolo.

 

Gli antibiotici in Italia sono usati in maniera eccessiva

Quali i rischi, invece, per l’Italia? «I pericoli paventati dalle autorità britanniche potrebbero essere maggiori nei Paesi dell’Europa meridionale, Italia compresa. Questo perché gli antibiotici sono usati in maniera eccessiva; una tendenza che ha spinto le autorità sanitarie nazionali a intervenire con campagne che limitassero l’autoprescrizione». Questo il parere del dottor Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento Malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto superiore di sanità.

«L’uso scorretto e l’abuso di antibiotici contribuisce a rendere i batteri più resistenti. Questi microorganismi di per sé tendono a mutare spontaneamente. Usare questi farmaci in maniera errata seleziona i batteri più resistenti: quelli più sensibili vengono eliminati mentre quelli più forti riescono a sopravvivere e dunque a diffondersi, anche da Paese a Paese».

«È possibile ricorrere a due strumenti per limitare le conseguenze di tali infezioni. Per prima cosa – prosegue – sarebbe necessario limitare ulteriormente la diffusione dei batteri attraverso un uso più oculato e appropriato degli antibiotici esistenti per evitare la selezione dei ceppi più resistenti. In secondo luogo, sostenere la ricerca per nuovi antibiotici. A volte ci si trova inermi contro l’azione di alcuni batteri dal momento che la ricerca da tempo non riesce a produrre nuovi antibiotici, in particolare contro i batteri Gram-negativi», conclude Rezza.

 Sul tema è intervenuto anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “La resistenza agli antibiotici è un problema mondiale, una causa di morte e lo sappiamo quanto si muore per infezione contratta in ospedale”, ha spiegato la Lorenzin ribadendo la centralità della materia nell’agenda del dicastero. ”Da una parte c’è l’aspetto dell’assunzione di antibiotici da parte degli esseri umani. È un tema non solo di costi, ma di salute pubblica: stiamo ottenendo buoni risultati nella riduzione anche grazie alla ricetta elettronica, ma è anche un lavoro culturale. L’altra parte è quella degli animali. In Italia ci sono controlli molto severi che registrano ogni somministrazione. Il dato sull’uso degli antibiotici è alto nei nostri allevamenti – ha aggiunto – ma negli alimenti che mangiamo sono pochi, perché nel momento in cui la carne viene macellata, si è atteso un tempo sufficiente per smaltirli. Negli ultimi tre anni è stata ridotta del 30% la quantità di antibiotici nelle carni, ma non è sufficiente”.

 

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