La vitamina D sembrerebbe potere aiutare nella prevenzione del tumore al seno. Questo dato lo suggerisce uno studio coordinato da esperti della University of California San Diego School of Medicine e pubblicato recentemente sulla rivista Plos One. Ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Sagona, Aiuto presso la Breast Unit di Humanitas Cancer Center.
Lo studio dell’Università di San Diego
Lo studio ha coinvolto due campioni di donne rispettivamente di 3.325 e 1.713 pazienti, di età media pari a 55 anni, tutte sane all’inizio dello studio e monitorate per una media di 4 anni. Nel corso del periodo di osservazione sono stati diagnosticati 77 casi di tumore al seno.
Gli esperti avevano misurato i livelli di vitamina D nel sangue delle partecipanti all’inizio dello studio. È emerso che coloro che presentavano concentrazioni di vitamina D pari o superiori a 60 nanogrammi per millimetro di sangue avevano un quinto del rischio di ammalarsi di tumore rispetto alle donne che avevano concentrazioni di vitamina D inferiori a 20 nanogrammi/millilitro. A concentrazioni crescenti di vitamina D, il rischio di tumore si riduceva progressivamente.
Le ipotesi in gioco
Sebbene questi dati non siano sufficienti per dimostrare una relazione certa di causa-effetto tra carenza di vitamina D e rischio di cancro alla mammella, sembrerebbero indicare comunque un legame tra livelli di vitamina D e prevenzione dei tumori. Ulteriori ricerche sono necessarie per definire meglio questa associazione. E’ solo di alcuni giorni fa, ad esempio, la notizia che concentrazioni elevate di questa vitamina si potrebbero associare a rischio ridotto di cancro del colon.
Cos’è la vitamina D e a cosa serve
Si tratta di una vitamina liposolubile che aiuta anche a mantenere sotto controllo i livelli di calcio e di fosforo presenti nel sangue. Il fegato perciò è in grado di accumularla e per questo non occorre introdurla regolarmente con la propria dieta alimentare( se non in situazioni carenziali), visto che all’occorrenza il nostro organismo ha la capacità di rilasciarla nelle quantità richieste. La vitamina D esiste in due forme: l’ergocalciferolo, che si assume attraverso gli alimenti, e il colecalciferolo, che viene invece sintetizzato dal corpo, sfruttando l’assorbimento dei raggi solari effettuato dalla pelle. Questa vitamina agisce come un regolatore del metabolismo del calcio e proprio per questa ragione è implicata nella calcificazione delle ossa.
Qual è il fabbisogno giornaliero di vitamina D?
Il fabbisogno quotidiano di vitamina D cambia in base all’età del soggetto. I bambini e gli adulti fino a 50 anni di età ne dovrebbero assumere almeno 200 unità al giorno, mentre gli adulti tra i 51 e i 70 anni ne dovrebbero assumere 400 unità al giorno (2 gocce). Agli anziani di oltre 70 anni se ne raccomandano 600 unità giornaliere. La carenza di vitamina D ha degli effetti deleteri sulla calcificazione delle ossa, causando dei disturbi quali il rachitismo nei bambini e deformazioni delle ossa di vario genere, fino alla osteomalacia (“debolezza ossea”), che si manifesta quando la parte esterna della struttura ossea è ancora integra, sebbene al loro interno sia presente una concentrazione di minerale difettosa, che rende appunto le ossa meno solide. Una carenza di vitamina D inoltre fa diventare i denti meno resistenti e più soggetti alla carie. L’eccesso invece può causare una calcificazione generale che interessa diversi organi, causando anche vomito, diarrea e spasmi muscolari.