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Benessere

La “malattia del bacio”: sintomi e cure

11/06/2002

La mononucleosi infettiva (questo il vero nome della sindrome) è nota anche come “malattia del bacio”, perché si trasmette per contatto diretto tra due persone attraverso la saliva, ma la trasmissione può avvenire anche indirettamente, attraverso oggetti come bicchieri, posate, stoviglie, ecc., oppure attraverso il sangue.
Si tratta di una sindrome già nota dalla fine del secolo XIX, causata da un virus, detto virus di Epstein-Barr (più brevemente EBV) dal nome dei suoi due scopritori. Ne parliamo con la dott.ssa Margherita Longo, medico specialista in Microbiologia, referente per il settore sierologia dell’equipe del dott. Alessandro Montanelli, Responsabile dell’Unità Operativa di Analisi Cliniche di Humanitas.

Quali sono le caratteristiche di questo virus?
L’EBV è un virus appartenente alla famiglia degli herpesvirus, di cui fanno parte, tra gli altri, anche l’Herpes Simplex 1 (quello che causa la cosiddetta “febbre” sulle labbra), l’Herpes 2, che si manifesta con un erpete genitale, e l’Herpes Zoster-Varicella, causa, rispettivamente, dello zoster (lesione tipica dell’età adulta) e dell’omonima malattia esantematica dell’infanzia.

Quali sono i sintomi?
L’infezione da EBV è frequentemente, specie nei bambini, asintomatica. Negli adolescenti e negli adulti l’infezione acuta provoca la cosiddetta mononucleosi infettiva, una sindrome caratterizzata da malessere, febbre, senso di stanchezza, mal di gola, cefalea, ingrossamento delle linfoghiandole, in genere intorno alla regione del collo, ma anche ascellari e inguinali, e dalla comparsa nel circolo sanguigno di grossi linfociti attivati somiglianti a monociti (da cui il termine mononucleosi infettiva). Spesso si assiste anche ad un modico incremento delle transaminasi che però si normalizzano nel giro di qualche giorno. Negli individui sani l’infezione si risolve spontaneamente.
Negli individui immunocompromessi, invece, L’EBV potrebbe quasi certamente avere un ruolo concausale nell’ insorgenza di tumori a carico della linea linfoide.

Chi colpisce?
La mononucleosi è un’infezione virale estremamente diffusa: basti pensare che in Europa e negli Stati Uniti la percentuale della popolazione in età adulta dotata di anticorpi è intorno al 90%; significa che questa è la percentuale della popolazione che è venuta a contatto col virus, nella maggior parte dei casi in modo del tutto asintomatico.
La ricerca degli anticorpi specifici nel siero è l’unico modo per fare diagnosi certa di mononucleosi infettiva, trattandosi di una sindrome con sintomi spesso molto sfumati e con caratteristiche simili ad altre infezioni.
Il test diagnostico di primo livello è il cosiddetto monotest, cioè la ricerca di anticorpi eterofili (in grado di agglutinare i globuli rossi di pecora) che caratteristicamemte compaiono nel 95% dei casi di infezione da EBV. Il monotest, pur essendo di rapidissima esecuzione ed economicamente vantaggioso, non è però specifico al 100 % per questa infezione. Di conseguenza, si ricorre ormai sempre più spesso alla ricerca di anticorpi specificamente rivolti contro alcune proteine (antigeni) dell’EBV, quali l’EA (early antigens), il VCA (viral capsid antigens) e l’ EBNA (Epstein-Barr nuclear antigens).

Come si cura?
In generale la mononucleosi si risolve con esito favorevole, senza altra terapia che quella eventualmente rivolta ad alleviare i sintomi principali, e attraverso un periodo di riposo, anche se è frequente che il senso di stanchezza si trascini per diverse settimane.

A cura di Federica Rosazza

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