Chi ha una pur piccola esperienza nel campo dello sport, anche dilettantistico, sa quanto sia comune l’abitudine di fare stretching prima di compiere l’attività fisica vera e propria.
“Per scaldare i muscoli, renderli più sciolti ed evitare di farsi male”: così ci hanno spesso spiegato. Secondo due nuovi studi, pubblicati sul Journal of Strength and Conditioning Research e sullo Scandinavian Journal of Medicine and Science in Sports, lo stretching in genere non è necessario e rischia di essere anche controproducente.
Proviamo a fare chiarezza con il contributo del dottor Piero Volpi, responsabile di Ortopedia del ginocchio e Traumatologia dello Sport di Humanitas.
Stretching sì o no?
«Occorre innanzitutto precisare che questi due studi si inseriscono in un tema – quello dello stretching – che la ricerca sta affrontando da parecchi anni e in effetti confermano studi già presentati in passato. Non si tratta tanto di chiedersi se lo stretching sia efficace o meno in assoluto, ma di quanto lo sia uno stretching forzato e prolungato».
Stretching: quanto e come?
«In genere, si ricorre agli esercizi di allungamento nella fase di preparazione all’attività sportiva e nella fase di defaticamento. Occorre però che sia praticato in maniera contenuta e non forzata, altrimenti rischia di diventare dannoso e favorire l’insorgenza di microlesioni. Lo stretching ha certamente un ruolo, ma deve essere fatto nei modi corretti, senza forzature e per tempi molto brevi. Mantiene la sua validità se inserito in una preparazione atletica completa, in cui lo stretching non è che una delle fasi. Non si può pensare sia l’unico momento di riscaldamento prima di un’attività fisica, in questo senso rischia di essere controproducente e dannoso».