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Per i malati cronici l’attività fisica adattata

23/01/2008

Interrompere un circolo vizioso: è questo lo scopo dell’attività fisica adattata (AFA) rivolta a coloro che sono affetti da malattie croniche. La malattia cronica, infatti, causa sedentarietà, che a sua volta provoca un ulteriore peggioramento della disabilità e della dipendenza. Spezzare questa spirale negativa è lo scopo dell’AFA, un progetto nato in Toscana – a Empoli nell’ambito della AUSL 11 e per iniziativa del dottor Francesco Benvenuti – che è auspicabile si diffonda in tutto il nostro paese. Vediamo di che cosa si tratta con il dott. Marco Pagani, specialista in geriatria e fisiatria del Dipartimento di Riabilitazione e Recupero Funzionale di Humanitas diretto dal dott. Stefano Respizzi

Il costo della malattia cronica
“Le malattie croniche sono responsabili di circa l’80% della mortalità, di una percentuale anche superiore di disabilità e di circa il 70% delle spese sanitarie nella popolazione generale. La presenza di disabilità è associata a un aumento della mortalità e di eventi avversi come il ricovero in strutture protette e l’ospedalizzazione; aumenta poi l’utilizzo di servizi sanitari e sociali. Ciò causa un carico importante di sofferenza e di costi sulla persona affetta da disabilità, sulla sua rete familiare e sul sistema sanitario.
La disabilità è l’incapacità o la difficoltà a compiere le attività della vita quotidiana necessarie per l’autonomia in casa e fuori casa; può essere causata da diverse malattie croniche, ad esempio l’ictus cerebrale, il morbo di Parkinson, l’artrosi, la cardiopatia ischemica. Nella sola regione Lombardia è affetto da disabilità il 4% della popolazione (350.000 persone secondo i dati ISTAT)”.

Un circolo vizioso
“Una caratteristica della malattia cronica è quella di ridurre le capacità funzionali dell’individuo, cioè la capacità di fare le azioni quotidiane, di coinvolgersi nella vita e negli interessi di tutti i giorni. Ciò a sua volta determina una riduzione della massa muscolare, un ritirarsi all’interno della casa, innescando potenzialmente un circolo vizioso di ulteriore riduzione delle attività e di peggioramento della disabilità e della dipendenza. L’immobilità e la sedentarietà sono le cause principali di questo meccanismo perverso. La riduzione di attività è responsabile di perdita di massa muscolare e di flessibilità; la diminuzione della resistenza allo sforzo causa la diminuzione delle capacità individuali, la stanchezza e la facile affaticabilità. La riduzione della partecipazione è causa di diminuzione della motivazione e di passività; la perdita di contatti sociali provoca l’isolamento; la depressione è causa di mancanza di gioia di vivere. Si crea dunque, per la persona disabile, un vero e proprio circolo vizioso che si auto potenzia e si auto mantiene.
La sedentarietà è causa di nuove menomazioni, limitazioni funzionali e ulteriore disabilità e queste conseguenze sono indipendenti dall’evento disabilitante primario causato dalla malattia. Come interrompere allora questo circolo vizioso? Incoraggiando la persona disabile a svolgere attività fisica in gruppi selezionati, con il duplice scopo di evitare sia la sedentarietà che l’assenza di contatti sociali. Da qui il progetto di Attività Fisica Adattata”.

Niente sedentarietà
“L’AFA non è attività riabilitativa, al limite interviene nella fase cronica stabilizzata della malattia, quando il trattamento riabilitativo ha esaurito il suo intervento. È ampiamente dimostrato che in molte malattie croniche il circolo vizioso disabilità-sedentarietà-ulteriore disabilità possa essere spezzato con adeguati programmi di attività fisica regolare e continuata nel tempo. L’attività fisica viene adattata alle esigenze della persona disabile, alla patologia da cui è affetta, allo stadio della malattia, alle sue capacità, alla presenza di controindicazioni e agli obiettivi del programma. Malgrado siano ormai noti i benefici del movimento fisico regolare e costante nelle persone anziane e con disabilità, sono ben poche le strutture in Italia in grado di offrire un programma di attività fisica che sia adattata a queste esigenze particolari. L’AFA si occupa proprio di questo, non solo spezzando un circolo vizioso, ma creandone uno virtuoso. Uno stile di vita più attivo, a cui sono associati il miglioramento dell’umore e migliori relazioni familiari e sociali, porta la persona ad avere una migliore massa muscolare, una miglior funzione cardiovascolare, un aumento della flessibilità articolare, che a loro volta la aiutano a migliorare il senso dell’equilibrio, la fanno camminare meglio, ne aumentano la resistenza allo sforzo. Diminuiscono quindi le limitazioni funzionali sovrapposte e questo porta a una minore difficoltà a compiere le attività della vita quotidiana necessarie per l’autonomia in casa e fuori casa. Si giunge quindi a una diminuzione della disabilità sovrapposta e ciò permette uno stile di vita più attivo. E il circolo virtuoso ricomincia”.

Il progetto AFA
“Il progetto AFA è nato in Toscana dove ha avuto un rapido sviluppo, con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, ed esperienze analoghe si stanno sviluppando anche in altre regioni, tra queste Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Il suo obiettivo è la prevenzione e il trattamento dell’immobilità e della sedentarietà sovrapposte alla disabilità. Si ottiene in questo modo una riduzione della disabilità sovrapposta, non associata alla patologia. Si tratta di un’attività fisica personalizzata in base alla disabilità di cui soffre la persona e praticata in gruppi omogenei, gestita in palestre e centri al di fuori del percorso sanitario, ma sotto la supervisione, indirizzo e controllo sanitario. Non si tratta di un programma riabilitativo, ma sono i riabilitatori a coordinare il programma e a fornire i protocolli di trattamento.
Ciò che caratterizza l’AFA è sia il tipo di attività proposta (la ‘dose’ dell’esercizio, l’adattamento alla patologia specifica, la continuità dell’intervento per tutto l’anno), che la gestione extrasanitaria, ma con supervisione e controllo da parte dei sanitari. Si tratta quindi di un intervento non sanitario e differente per modalità, attori e contenuti dallo specifico intervento riabilitativo”.

Quando a Milano?
“Sarebbe auspicabile, per il benessere dei pazienti affetti da disabilità e per una diminuzione dei costi sanitari, che il progetto AFA si diffondesse in tutta Italia.
L’utilità del progetto è evidente a diversi livelli:

– per il cittadino, il mantenimento di una attività fisica è l’unica medicina ‘antiaging’ riconosciuta;
– è una risposta a domande di salute (fisica e psicologica) per ora ancora inevase;
– crea una rete di supporto e di sostegno tra pari;
– alle strutture riabilitative (come Humanitas ) permette di ridurre le lista di attesa e di fornire una risposta centrata e tempestiva ai problemi di salute;
– alle ASL permette di fornire una risposta di salute a basso costo, di garantire il controllo e la supervisione dei processi e di contenere e ottimizzare i costi”.

A cura di Elena Villa

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