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Matteo Morandi, ecco i miei anelli olimpici

26/08/2004

Ha inseguito quel sogno fin da bambino: andare ai Giochi Olimpici. Il destino ha voluto per lui che ci andasse alla XXVIII edizione, quella di Atene con in dote l’apprezzata qualità di essere il vice di Juri Chechi. Per Matteo Morandi ventitré anni ancora da compiere, ginnasta di Vimercate, tesserato per la Casati Arcore, il sogno è divenuto realtà: “Per me, ma penso per qualsiasi atleta di ogni specialità la partecipazione all’Olimpiade rappresenta il coronamento di una carriera”. L’importante era arrivarci e Morandi lo ha fatto a suon di piazzamenti Mondiali: terzo in Ungheria a Debrecen nel novembre del 2002, terzo negli Stati Uniti ad Anaheim l’anno scorso e terzo a Ljubljana lo scorso aprile.

Visto il ruolino di marcia da Morandi si aspettava una medaglia; invece, nella finale degli anelli, la sua specialità, è giunto quinto, due posizioni dietro al maestro (e amico) Chechi, medaglia di bronzo. “Puntavo ad un buon risultato, ma una volta entrato in finale qualsiasi risultato andava bene. Ciò che contava veramente era arrivare in finale”.
Cos’ha rappresentato per lei la partecipazione all’Olimpiade di Atene?
“E’ stato il coronamento della carriera, ma penso lo sia stato anche per altri atleti. Arrivarci è stata una soddisfazione enorme e sarà un ricordo che mi porterò dentro tutta la vita. Un’altra grande emozione è stata arrivare al villaggio olimpico: desideri esserci, peccato che quando sei lì, purtroppo, non ti accorgi più di quello che ti circonda”.
Perché?
“Siamo rimasti al villaggio quindici giorni: ci siamo goduti il villaggio, ma non le feste che facevano da contorno all’evento olimpico. Palestra e villaggio e viceversa. Un peccato per alcuni versi; per altri è stato meglio così perché abbiamo avuto modo di concentrarci meglio”.

Un’Olimpiade: lo stress della qualificazione, del risultato; lo stress da parte dei media, la tensione delle finali altrui. Il tifo, l’amicizia.
Ha sentito e subito lo stress in quelle due settimane?
“Sì, soprattutto durante le qualificazioni perché c’era la tensione di fare tutti gli attrezzi e farli per la squadra. Una volta in finale c’era solo il mio attrezzo, l’anello, e mi sono tranquillizzato. Sembra un paradosso, me ne rendo conto, ma in finale ho solo pensato al mio esercizio e non a fare calcoli”.
E’ andata bene, è giunto quinto in una finale che ha fatto discutere.
Ha fatto amicizia con gli altri atleti?
“Sì, soprattutto con gli italiani degli altri sport, i ragazzi del nuoto e della pallanuoto, perché in mensa si stava tutti insieme. Era bellissimo poter pranzare con l’etiope Bekele, uno dei protagonisti del mezzofondo, o con i giganti dell’Nba: sembrano atleti irraggiungibili invece ti accorgi che sono ragazzi come te…”

La modestia ha sempre fatto parte del suo carattere, estremamente solare: Morandi non si rende conto però di essere inarrivabile per gli altri atleti, e soprattutto per la gente comune che non è in grado di eseguire i suoi difficilissimi esercizi agli anelli.

Cosa mangiavate alla mensa del villaggio olimpico?
“Devo dire che ci è andata bene perché temevamo, arrivando al villaggio olimpico, di trovare tutto tranne che il cibo che poteva fare al caso nostro. La dieta che teniamo in regime di gara è costituita a pranzo, da un primo, un piatto di pasta in bianco condita con olio di oliva o pomodoro, e a cena da un secondo, di carne o di pesce o prosciutto crudo, sempre accompagnati da molto frutta e verdura. Pensavamo di trovare salse di ogni tipo, invece, la prima cosa che abbiamo visto entrando in mensa sono state due forme di Parmigiano Reggiano. E abbiamo tirato il fiato. Al mattino ci si poteva sbizzarrire con torte, biscotti e altro ancora”.

Appena arrivato in Italia ha mollato i borsoni ed è saltato in sella alla sua motocicletta e si è concesso il lusso di un giro in compagnia del fratello; dopo quindici giorni di tensioni olimpiche, ne aveva una gran voglia.

Quali sono i prossimi obiettivi?
“Mi concederò un breve periodo di ferie, dieci giorni, non di più, poi ricomincerò la vita da palestra per preparare la finale di Coppa del Mondo che si terrà a Birmingham in Gran Bretagna, a metà dicembre. In attesa dei nuovi codici che verranno emanati l’anno prossimo in vista dell’appuntamento di Pechino 2008: cambieranno i regolamenti e quindi sarà più difficile qualificarsi per la prossima Olimpiade”.
Avrà 27 anni, la stessa età di Chechi ad Atlanta…
“E’ vero: 27 anni rappresentano per un atleta la massima maturazione fisica. Durante questo periodo potrò avvicinarmi alla data di Pechino in modo graduale cercando di migliorarmi nell’esperienza e nella professionalità”.

E con la consueta modestia che lo ha sempre contraddistinto.

A cura di Raffaele Sala

Le foto sono tratte dal sito ufficiale dei Giochi Olimpici di Atene 2004

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