Sport

Il cuore e le immersioni

16/12/2002

L’attività subacquea, specie quella con i respiratori, sta diventando sempre più di moda e non mancano le occasioni per cominciare. Nei luoghi di vacanza si moltiplicano i diving club, anche per principianti, mentre in città sono sempre più numerose le piscine che offrono corsi per ottenere il brevetto. Ma di fronte alla possibilità offerta a tutti di scendere, grazie a poche lezioni, ad ammirare le bellezze marine, che cosa si deve sapere? Abbiamo chiesto ai professionisti di Humanitas di spiegarci meglio di che tipo di sport si tratta. E, soprattutto, quali cautele si devono prendere per concedersi anche solo un “diversivo” occasionale, in tranquillità.

Cosa succede all’organismo quando si scende sott’acqua con le bombole?
La pressione dell’acqua sul corpo, che aumenta con la profondità, impone che la discesa e soprattutto la risalita debbano essere scrupolosamente regolate secondo tempi stabiliti, al fine di permettere all’organismo di adattarsi.
Anche se l’attività in se stessa non richiede che un limitato impegno muscolare e cardiaco, può tuttavia comportare grossi rischi. Uno degli eventuali rischi, per esempio, è quello di non poter riemergere immediatamente in presenza di qualsiasi imprevisto, anche banale. Rischio che diventa più consistente per chi non è in salute e, di fronte a reazioni impreviste, potrebbe entrare in uno stato di panico e perdere l’autocontrollo, necessario per risalire in superficie.

Come mai c’è solo un lieve sforzo muscolare?
Perché le forti pressioni esercitate dall’acqua sull’organismo fanno sì che la pressione sanguigna si abbassi; se ci si immerge con movimenti lenti e controllati, l’impegno cardiocircolatorio è praticamente quasi nullo.
I cambiamenti che si verificano, invece, nella respirazione e nel sistema di trasporto dell’ossigeno sono tali che è fondamentale, quando si deve ritornare in superficie, farlo lentamente e con fermate a vari livelli di profondità, perché le modificazioni a carico dei volumi respiratori si normalizzino e l’organismo si possa riadattare senza incorrere in problemi, specialmente di tipo embolico.

In cosa consiste l’embolia di cui si parla con riferimento alle immersioni?
Si tratta di un’improvvisa ostruzione arteriosa, dovuta a emboli gassosi che si formano quando la risalita, troppo veloce, non ha consentito un adattamento adeguato dell’organismo ai cambiamenti della pressione esterna. L’unico rimedio è la camera iperbarica, che riproduce pressioni atmosferiche simili a quelle subacquee, riportando il paziente alle condizioni della profondità marina.

Quindi? Niente più barriere coralline?
Le immersioni sono assolutamente sconsigliate a chi soffre di patologie cardiovascolari e respiratorie. In questi casi, infatti, i rischi sono di gran lunga superiori ai vantaggi che la subacquea può offrire: le sollecitazioni a cui l’apparato cardiocircolatorio viene sottoposto non implicano alcun effetto benefico e, in compenso, potrebbero provocare rischi seri.
Un conto, infatti, è nuotare a lungo in superficie con buon ritmo, mentre ben diverso è camminare sul fondo o muoversi lentamente con bombole, muta e pinne, situazione in cui qualsiasi emergenza potrebbe essere fatale.
Per le persone in salute le immersioni non comportano conseguenze negative purché si rispettino i tempi di decompressione e ci si affidi comunque a una scuola riconosciuta, seguendone scrupolosamente tutto l’iter previsto prima di poter fare immersioni senza guida. Tenendo presente, però, che i rischi possono diventare maggiori man mano che ci si spinge più in profondità.

A cura di Francesca Blasi

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