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Alimentazione

Sindrome dell’intestino irritabile, l’importanza di una dieta personalizzata

20/01/2018

A ogni disturbo la sua terapia. La sindrome dell’intestino irritabile può assumere caratteristiche diverse e presentare un quadro sintomatologico peculiare. In base a questo sarà definita la dieta più indicata per affrontare il disturbo e contribuire a controllare i suoi sintomi. È fondamentale che lo specialista indichi al paziente una dieta personalizzata perché non tutti gli “intestini irritabili” sono uguali.

Diverse sindromi, diversi sintomi

La sindrome dell’intestino irritabile è uno dei disturbi gastrointestinali cronici più comuni. Nel mondo è colpito circa il 15% della popolazione. Il disturbo può comportare una significativa limitazione della qualità di vita dei pazienti: ne risentono infatti le prestazioni a lavoro, le attività quotidiane e anche l’umore. Sono due le forme che questo disturbo può assumere: una in cui prevale la stipsi e una in cui è invece prevalente la diarrea. Oltre a queste, la “colite” può manifestarsi anche in una forma mista, con l’alternanza fra diarrea e costipazione.

In ogni caso risulta alterata la regolarità intestinale con un corredo di sintomi a cominciare dal dolore addominale fino al meteorismo e al gonfiore. Il dolore o una sensazione di fastidio intestinale tendono a risolversi con la defecazione.

Intestino irritabile e alimentazione

Il legame tra la sindrome dell’intestino irritabile e la dieta è innegabile. Per il suo trattamento, nella pratica clinica, è stata adottata la cosiddetta dieta low-FodMap, un regime alimentare che limita fortemente l’apporto di una serie di zuccheri che sono richiamati dall’acronimo FodMap: sono i polioli e i di-, mono- e polisaccaridi fermentabili, ovvero carboidrati a catena corta presenti in svariati alimenti. Sono zuccheri che non vengono assorbiti in maniera adeguata dagli individui con intestino irritabile e che dunque possono scatenarne i sintomi.

La dieta che riduce l’apporto il consumo di questi alimenti che “fermentano” può così essere prescritta in caso di colon irritabile, in particolare quando è presente il gonfiore addominale. Andrà limitato, tra gli altri, il consumo di ortaggi come asparagi, carciofi, cipolle, funghi e aglio; di frutta come mele, ciliegie, mango, pere, anguria, pesche e frutta essiccata; di frutta secca come i pistacchi; di legumi; di latte vaccino e di yogurt; degli alimenti ottenuti dalla lavorazione del grano e della segale, come pasta e pane; miele.

Al loro posto, invece, potranno essere consumati, ad esempio, carote, patate, pomodori, zucchine e melanzane; melone, kiwi, fragole, arance e mandarini; formaggi come brie e feta; latte senza lattosio; uova, tofu; carne bianca; cereali come quinoa, riso, mais; cioccolato fondente.

Stipsi

Quando la sindrome è caratterizzata dalla stipsi sarà utile aumentare l’apporto di fibre: queste possono migliorare la funzione intestinale, lenire i sintomi come il dolore e il gonfiore addominale, e agevolare il passaggio delle feci. L’importante è non affidarsi al fai da te perché un apporto scorretto di fibre, ad esempio molto considerevole e non graduale, può aggravare i sintomi. I broccoli, i kiwi, i frutti di bosco sono tra i prodotti ricchi di fibre. Lo specialista e il nutrizionista sapranno indicare gli alimenti più indicati alla luce delle condizioni del paziente.

Diarrea

In caso di intestino irritabile in cui è invece predominante la diarrea si potrà adottare una dieta ispirata alla low-FodMap. Sarà utile consumare meno alimenti con cereali integrali e più prodotti con fibre solubili come l’avena; evitare di consumare prodotti contenenti sorbitolo, un dolcificante artificiale; bere tanta acqua; limitare l’apporto di caffeina; mangiare con porzioni più ridotte.

Nella terapia per l’intestino irritabile è utile infine consumare alimenti ricchi di grassi “buoni”: sono gli omega-3 contenuti, ad esempio, nelle noci, nei pesci “grassi” come salmone, sgombro, tonno, e nei semi di lino.

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