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Gastroenterologia

Reflusso gastroesofageo: i sintomi più comuni

02/11/2020

Quando si parla di mal di stomaco, sono molte le patologie che possono essere confuse l’una con l’altra.

Il reflusso gastroesofageo è una delle più comuni: saperlo riconoscere è molto importante, al fine di risolverlo nella maniera più adeguata.

Approfondiamo l’argomento con il dottor Benedetto Mangiavillano, gastroenterologo in Humanitas Medical Care.

Cos’è il reflusso gastroesofageo?

Il passaggio di acido dallo stomaco all’esofago avviene fisiologicamente durante la giornata, soprattutto dopo aver mangiato, e in posizione sdraiata, motivo per cui non è un bene andare a dormire immediatamente dopo cena. Se però questi eventi aumentano in termini di frequenza e durata, possiamo trovarci di fronte a una vera e propria malattia.

Il reflusso gastroesofageo colpisce circa il 10-20% della popolazione in Europa e si verifica quando i succhi gastrici vengono in contatto con la parete dell’esofago, provocando bruciore dietro lo sterno e rigurgito acido. 

Reflusso gastroesofageo: i sintomi

Il reflusso gastroesofageo si presenta con sintomi diversi a seconda della persona. Di solito possiamo indicare, tra i più comuni, il bruciore allo stomaco e dietro lo sterno, la nausea e il rigurgito acido in bocca, che può provocare alitosi. 

Spesso questi sintomi sono lievi e occasionali e possono essere curati, su consiglio e indicazione del medico, con farmaci ‘da banco’. 

Esistono comunque alcuni sintomi non direttamente riconducibili a disturbi allo stomaco, ma che possono essere legati al reflusso, come: laringite, tosse secca o raucedine e abbassamento della voce (causate dall’azione degli acidi dello stomaco); asma e dolore al petto, otite e insonnia.

Se il disturbo diventa persistente, può provocare complicazioni come erosioni a livello dell’esofago (nel 35% dei casi), ulcere o restringimenti (3-5%).

La diagnosi

Per prima cosa, lo specialista di riferimento dovrà ricostruire le abitudini alimentari e di vita del paziente, eventuali vizi o familiarità con il disturbo, ed eventualmente richiedere determinati esami e accertamenti.

Una gastroscopia (EGDS) permette di esaminare l’esofago, lo stomaco e il duodeno. L’esame prevede l’introduzione, dalla bocca, di una piccola sonda flessibile in cui è incorporata una telecamera.

Inoltre, Humanitas Mater Domini è uno dei pochi centri in Italia specializzati nella gastroscopia transnasale, che si esegue senza sedazione, dal naso, e con un sonda di circa 4 mm di diametro. Questo esame, completamente indolore, può essere eseguito da tutti i pazienti e permette, come nella gastroscopia tradizionale, di eseguire le biopsie nello stomaco.

Se c’è necessità di valutare eventuali anomalie della motilità dell’esofago, lo specialista può prescrivere una manometria esofagea. L’esame consiste nell’introduzione di una sonda attraverso il naso e la somministrazione di acqua in piccoli sorsi, ma viene prescritto solo in casi selezionati.

Inoltre, può essere necessaria una pH-impedenzometria delle 24 ore. Si posiziona un sondino che, passando attraverso il naso, arriva fino all’esofago ed è connesso a un palmare. L’esame dura 24 ore e monitora la quantità di materiale refluito nell’esofago.

Quando è il caso di rivolgersi allo specialista?

«La visita con lo specialista, nel sospetto di patologia da reflusso gastroesofageo, risulta essere di cruciale importanza: fin dai primi sintomi, è importante eseguire una visita gastroenterologica per mettere a punto una terapia specifica che possa permettere una corretta regressione della sintomatologia. Inoltre, potrà valutare se eseguire o meno una gastroscopia (EGDS), per capire se siamo o meno in presenza di un’ernia jatale che condizionerebbe il percorso terapeutico, e fare delle biopsie per escludere l’Helicobacter pylori, un batterio spesso implicato nello sviluppo dei sintomi», conclude lo specialista. 

Una corretta terapia, infatti, previene l’insorgenza di erosioni o ulcere esofagee (esofagite) che, successivamente, sarebbero più difficili da trattare. 

 

 

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