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Ebola, si lavora per il vaccino

11/09/2014

Sono oltre duemila i morti nell’Africa occidentale causati dal virus dell’ebola. E per le prossime settimane l’Organizzazione mondiale della sanità ha in previsione un’impennata di casi in Liberia. La febbre emorragica causata da questo virus estremamente aggressivo rappresenta una vera epidemia senza precedenti. Parola al professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas.

«Il caso ebola ci ricorda come viviamo in un ambiente microbico che cambia, che ci è potenzialmente ostile e che può essere causa di malattie o addirittura di epidemie su piccola o su grande scala. Ricordiamo ad esempio che il ceppo virale che probabilmente sta causando questa epidemia è in realtà una variante del ceppo “originale” su cui si era lavorato. I microbi, quindi, cambiano e costituiscono una minaccia.

Mi preme sottolineare che, a fronteggiare questa minaccia in prima linea sono quelli che definirei “eroi senza ballata” di cui nessuno canta la dedizione o l’impegno. Il lavoro pubblicato su “Science” in cui viene caratterizzato l’origine del ceppo è stato portato avanti proprio da questi eroi, cinque dei quali sono morti combattendo per tutti noi».

Come affrontare il virus dell’ebola?

«Il sistema immunitario e quindi le discipline che con esso hanno a che fare, costituiscono una delle armi principali con cui affrontare questo problema in particolare e in generale questo tipo di problemi. Le terapie sperimentali che sono state utilizzate sono basate su anticorpi monoclonali, uno strumento del sistema immunitario scoperto dall’immunologia. L’altra arma fondamentale è il vaccino. L’immunologia e la ricerca italiana è in prima linea per fronteggiare questa emergenza che è stata sottovalutata e che rappresenta un’emergenza globale di cui tutti dobbiamo farci carico».

In Italia è il caso di allarmarci?

«Non è il caso di creare falsi allarmismi perché abbiamo tutti gli strumenti di sorveglianza».

 

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