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Sole, se la crema non basta più

21/06/2011

Creme solari nel mirino degli Stati Uniti, che hanno vietato diciture come “resistenti all’acqua” o “a protezione totale”. Nuove regole anche per i prodotti con fattore inferiore a 15, in quanto non proteggono da tumori della pelle e invecchiamento precoce.

Nuove regole per le creme solari emanate, dopo ben 33 anni di riflessione, direttamente dalla Food and Drug Administration americana e in vigore a partire dall’anno prossimo. Obiettivo? Fermare l’inganno evitando false promesse. I dermatologi sono soddisfatti. Ma serve, ancora, uno sforzo in più. Tra le regole spicca il divieto di dire che le lozioni sono waterpoof o sweatproof (resistenti all’acqua o al sudore). Si potrà solo affermare quanti minuti resistono all’acqua secondo i risultati dei test. Divieto anche di dire che proteggono da scottature, invecchiamento precoce e cancro se non hanno un fattore di protezione superiore a 15. Al contrario, i prodotti con protezione da 2 a 14 dovranno avere un avviso in cui si enuncia che non proteggono da tumori della pelle e invecchiamento precoce. Per potersi dire ad ampio spettro, inoltre, le creme dovranno difendere ugualmente sia dai raggi UVB (che causano scottature) sia dai UVA (causa di rughe), che, insieme, possono provocare il cancro. Rimasta senza risposta, invece, la proposta di vietare creme con fattore di protezione superiore a 50. I produttori, infatti, introducono sul mercato creme solari con fattori sempre più alti, fino a 70, 80 e 100, anche se alcune di queste offrono poca protezione in più rispetto a quelle con fattore 50. Il prossimo obiettivo dell’FDA sarà, poi, valutare le creme spray per capire l’efficacia e cosa succede se vengono inalate. Parliamo della novità con i professionisti di Humanitas.

Cosa ne pensa delle nuove regole? Serve uno sforzo in più?
Come dermatologi non possiamo che essere contenti che l’FDA si sia pronunciata per correggere alcune distorsioni macroscopiche delle creme solari. Ma, effettivamente, serve uno sforzo in più. Bene eliminare le diciture ‘Resistenti all’acqua’ o ‘Resistenti al sudore’ perché false così come quelle ‘A protezione totale’ o ‘A blocco solare’. Bene, inoltre, obbligare a produrre creme che proteggano anche contro i raggi UVA, dannosi quanto i raggi UVB. L’FDA, tuttavia, ha mancato di pronunciarsi sulle questioni più importanti: l’effettivo valore delle creme solari nel proteggerci dall’invecchiamento e dai tumori cutanei e la tossicità delle creme stesse. Per i dermatologi sono queste le questioni fondamentali sul tappeto. La consapevolezza che applicando le creme solari non ci si scotti, ha spinto anche la popolazione con pelle sensibile ad esporsi al sole, magari anche per tempi lunghi. La conseguenza di questo comportamento è stato l’aumento di tumori cutanei, melanoma compreso, invece che la diminuzione. In altre parole, sembra che le creme solari, malamente utilizzate, abbiano causato più danni che benefici. E questo anche per colpa dei dermatologi che non hanno insistito sul fatto che le creme solari non sono indicate per aumentare il tempo di esposizione al sole. E’ come se le statine, che abbassano il colesterolo, venissero utilizzate per mangiare più grassi: i risultati sarebbero disastrosi. L’altro punto fondamentale è la tossicità attribuita alle creme solari. Si sa che alcuni filtri solari hanno azione ormonale, altri sono allergizzanti, tutti sono inquinanti ambientali, mentre poco o nulla si sa sulla tossicità per assorbimento. Questi dati negativi o, comunque, incertezze cliniche, dovrebbero spingere chi è preposto alla tutela dalle salute a vietare le creme solari per i bambini e per le donne in gravidanza. Ci si aspetta e augura, quindi, un ulteriore sforzo da parte dell’FDA nel regolamentare un prodotto, la crema solare, così diffuso e, allo stesso tempo, così potenzialmente pericoloso. Nel frattempo, per godere del sole e delle vacanze, è più saggio utilizzare cappello, occhiali e maglietta e mettere la crema solare solo dove non possiamo coprirci.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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