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Sicuri sott’acqua

29/07/2003

Per le avventurarsi nelle profondità marine con respiratori e muta sono necessarie una specifica preparazione fisica e la conoscenza delle tecniche base d’immersione. Per questo, chi vuole ammirare, magari “armato” di macchina fotografica, le meraviglie dei fondali deve prima di tutto frequentare un corso teorico pratico con un valido istruttore e conoscere a fondo i problemi connessi all’immersione: l’aumento della pressione idrostatica, le variazioni di volume e di pressione parziale dei gas contenuti nelle cavità dell’organismo e gli effetti tossici di alcuni gas.
Massimo Tanzi, medico dello sport dell’Unità Operativa di Riabilitazione e Recupero funzionale di Humanitas diretta dal dottor Lorenzo Panella, ci ha spiegato il significato di termini come “embolia” e “squeeze” ben noti a chi pratica sport subacquei.

Che cosa sta alla base dei rischi per l’organismo dell’attività subacquea?
Da una parte c’è l’acqua, un fluido incomprimibile, la cui pressione aumenta con l’aumentare della profondità. Dall’altra, ci sono i gas contenuti dalle cavità corporee (come polmoni, vie aeree, orecchio medio e i seni adiacenti). In breve, il volume di tali gas cambia con la discesa in profondità e durante la riemersione. Proprio da questa dinamica di compressione (durante la discesa) e decompressione (durante la risalita) dei gas dipendono molte patologie.

Il rischio maggiore è l’embolia gassosa arteriosa. Di che cosa si tratta?
La pressione dell’acqua che agisce sul corpo non è uguale a quella presente nei polmoni e nelle vie aeree. Tale differenza può diventare pericolosa soprattutto durante la riemersione, quando il rapido aumento del volume polmonare può causare la rottura della membrana alveolocapillare e il passaggio d’aria in circolo. Le bolle d’aria (emboli) possono occludere i vasi sanguigni. L’organo che ne soffre maggiormente è il cervello, determinando confusione, stordimento e disturbi della visione. Quando l’embolia compromette la circolazione cerebrale, polmonare o coronarica in modo grave, si rischiano danni permanenti fino alla morte.

All’embolia si aggiunge spesso la malattia da decompressione. Cosa significa?
A seconda della profondità e della durata dell’immersione, durante la risalita è necessario osservare delle soste di decompressione. Questo consente all’azoto di liberarsi dai tessuti verso il sangue e da qui verso gli alveoli polmonari.
In caso contrario, una risalita troppo rapida fa sì che l’azoto, che si è accumulato durante la permanenza in profondità, si liberi sotto forma di bolle nei tessuti, in particolare nel sangue e nel sistema nervoso centrale. I sintomi sono senso di stordimento, prurito cutaneo, dolore agli arti, soprattutto a tendini e articolazioni. L’unico trattamento della malattia da decompressione è la ricompressione in camera iperbarica per ridurre il volume delle bolle.

Quando si parla invece di pneumotorace?
Quando la rottura del polmone (causata dal mancato adeguamento degli atti respiratori in fase di emersione) è tale da determinare lo strappo della pleura viscerale, che riveste il polmone. Ne consegue l’intrappolamento dell’aria nel cavo pleurico, in continuo aumento durante l’emersione, e ciò determina il collasso del polmone.

Come si evitano l’embolia gassosa e il pneumotorace?
Per evitare tali rischi, è importante rispettare la velocità di riemersione ed espirare il volume d’aria in eccesso che si crea nei polmoni. In pratica, i subacquei devono riemergere lentamente continuando a respirare.

Quanto conta essere un fumatore?
Moltissimo. Un polmone malato, un apparato bronchiale infiammato e ostruito come quello di un fumatore, sono più esposti ai rischi di embolia o pneumotorace. L’aria intrappolata in queste aree che comunicano poco e male col resto del polmone si espande, provocando sovradistensione e quindi rottura del parenchima polmonare (cioè la parte funzionale del polmone, contrapposta al tessuto di sostegno dell’organo).

Cosa significa “SQUEEZE”?
Se la maschera è rigida, non si lascia deformare. Pertanto, la pressione al suo interno rimane atmosferica e non aumenta con l’aumentare della profondità. Questo può causare la rottura dei capillari della congiuntiva. Per evitare che accada, occorre utilizzare una maschera che copre anche il naso, in modo che, espirando ogni tanto col naso, la pressione nella maschera eguagli quella delle vie aeree.

Come si deve comportare chi soffre d’otite?
Sarebbe bene che evitasse d’immergersi. Infatti, l’infiammazione della mucosa della tuba ne può impedire l’apertura, e quindi anche il equilibrio della pressione nell’orecchio medio rispetto a quella delle vie aeree. Si crea così una variazione di pressione tra acqua ed orecchio medio tale da provocare dolore e rottura del timpano. Tutto questo anche a pochi metri di profondità.

Ci si puo’ immergere con i tappi?
Assolutamente no! Il timpano sarebbe a rischio di rottura già in fase di immersione.

E in caso di sinusite, quali i rischi?
L’ostruzione dei seni nasali e paranasali dovuta all’infiammazione isola le cavità. In questo modo la pressione nelle cavità e nelle altre vie aeree non è la stessa, con il rischio di dolore ed emorragie.

Perché capita che un soggetto, in profondità, assuma un comportamento pericoloso, togliendosi maschera e boccaglio o non rispettando le tabelle di permanenza in profondità e di riemersione?
Si tratta della narcosi da azoto. Nell’immersione le pressioni parziali dei gas alveolari aumentano, determinandone un aumento di concentrazione nel sangue e nei tessuti. L’azoto esercita così un effetto anestetico, dando uno speciale senso d’euforia. L’effetto narcotico scompare portandosi a profondità inferiori.

A cura di Maria Cristina Firetto

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