Stai leggendo Chiara, fresca, dolce acqua…

Stagioni

Chiara, fresca, dolce acqua…

26/06/2002

Si parla tanto di diete su misura, per smaltire rapidamente il peso accumulato in vista delle vacanze. Si è accennato spesso alle caratteristiche positive di alcune bevande tipiche della nostra alimentazione mediterranea, come il vino rosso, o ai condimenti come l’olio extra vergine d’oliva. Ci si dimentica, invece, delle grandi virtù della bevanda fondamentale: la nostra amica acqua. Ne parliamo con il professor Giorgio Graziani, responsabile del reparto di Nefrologia di Humanitas.

Perché l’acqua è così importante per l’organismo?
“L’acqua, il composto liquido formato da due molecole di idrogeno ed una di ossigeno, è una componente fondamentale dell’organismo – spiega il prof. Giorgio Graziani – indispensabile per la vita. Si pensi infatti che il 60% del nostro corpo è formato di acqua. Essa è presente in tutte le cellule dell’organismo e in tutti i tessuti, scheletro compreso: costituisce inoltre il 55-60% del sangue circolante. Per meglio comprendere l’importanza vitale dell’acqua nell’economia generale dell’organismo, basti pensare che tutte le reazioni biochimiche all’interno delle cellule avvengono nell’acqua. Il loro svolgimento rappresenta l’espressione della vitalità e della funzione di tutti gli organi: cuore, polmoni, fegato, reni, cervello, muscoli, scheletro, eccetera”.

Quanta acqua bisogna bere al giorno?
“La quantità di acqua che deve essere assunta quotidianamente – continua il prof. Graziani – varia molto a seconda delle condizioni costituzionali, ambientali e dello stato di salute o malattia. L’obiettivo è quello di mantenere stabile il patrimonio idrico dell’organismo evitando gli eccessi in senso negativo o positivo: nel primo caso, avremo per conseguenza la disidratazione o deprivazione di acqua; nel secondo caso, l’organismo andrà incontro a iperidratazione da eccessivo apporto idrico. Entrambe le situazioni, spinte all’eccesso, possono mettere l’organismo a rischio di sopravvivenza. Il fabbisogno idrico quotidiano di una persona normale, di corporatura media, sana, che si trovi in un ambiente a temperatura ideale di 20-25 °C, varia da 2,5 a 3 litri di acqua”.

Ma l’acqua non si beve soltanto: si introduce anche in altri modi; vero?
“Certamente. Bisogna considerare, infatti, che abitualmente introduciamo acqua non solo con le bevande, ma anche attraverso l’alimentazione normale, con cibi semiliquidi e solidi. La costituzione somatica di ogni persona è fondamentale per calcolare il
fabbisogno idrico: se si considera, infatti, che l’acqua rappresenta una
quota costante del peso corporeo, si comprenderà come è molto più facile che
si verifichi un pericoloso sbilanciamento nella composizione idrica
dell’organismo in un neonato, o in un bambino molto piccolo. Il fatto stesso che pesino pochi chili, fa sì che siano sufficienti modeste perdite idriche non compensate per provocare gravi sintomi di disidratazione nei più piccoli. L’esempio esattamente contrario è dato dalla perdita di parecchi litri d’acqua in un uomo di 90 chilogrammi, il cui capitale idrico corporeo ammonta ad oltre 50 litri ed è perciò scarsamente rilevante”.

In che misura i fattori ambientali possono influenzare un corretto assorbimento idrico nell’organismo?
“Bisogna dire parecchio: tra i fattori ambientali un ruolo importante è svolto dalla temperatura e dal grado di umidità atmosferica. Tanto per capire meglio – precisa Graziani – se decidiamo di andare in vacanza in una regione tropicale o subtropicale dove le temperature sono elevate e l’irradiazione solare notevole, si può facilmente verificare un’abbondante traspirazione cutanea con evaporazione dell’acqua corporea. E’ un fenomeno fisiologico, che ha lo scopo di raffreddare l’organismo, mantenendolo quanto più possibile a temperatura costante. Questa perdita di acqua, se non compensata, può essere a rischio di insorgenza del cosiddetto “colpo di calore“, segno di una disidratazione molto severa, che può essere mortale. Quando la temperatura interna del corpo supera i 50°C le conseguenze sono gravissime: si verifica l’arresto del cuore e il blocco di tutte le funzioni vitali”.

Quali sono, invece, situazioni derivate da malattie specifiche in grado di alterare le quantità di acqua nell’organismo?
“Fra le malattie che più facilmente inducono alterazioni di acqua circolante nei liquidi vitali dell’organismo si devono considerare quelle che provocano grosse perdite idriche: il diabete mellito scompensato, le infezioni intestinali che provocano gravi diarree – in particolare il tifo ed il colera – le alterazioni gastriche o intestinali che possono indurre vomito, febbri elevate e persistenti, alcune malattie del sistema endocrino come il diabete insipido. Discorso diverso per lo squilibrio indotto dalle malattie renali: in quelle croniche in fase preterminale, infatti il rene perde la capacità di regolare la
quantità di liquidi eliminati con le urine a seconda dello stato di idratazione dell’organismo: in queste situazioni si ha la deidratazione. Al contrario, nella fase terminale della malattia renale, si verifica una grave riduzione della diuresi con ritenzione di liquido. Risultato? L’organismo si “gonfia” pericolosamente di acqua con il rischio di causare uno scompenso cardiaco”.

Che fare allora in questi casi?
“E’ evidente che in queste situazioni di malattia il medico deve valutare con precisione il bilancio idrico del paziente, calcolando con precisione perdite ed introiti, regolando di conseguenza l’intervento terapeutico: nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un deficit idrico consistente, lo specialista dovrà calcolare la quantità di liquidi da infondere per fleboclisi. Al contrario, se si verifica una ritenzione idrica, dovrà usare i diuretici per favorire l’eliminazione renale del liquido in eccesso”.

Quali sono le proprietà curative dell’acqua che beviamo ogni giorno?
“Un apporto di acqua da bere superiore alla norma viene solitamente prescritto negli individui produttori abituali di calcoli renali. E’ la “terapia idropinica”: consiste nella diluizione urinaria dei sali cosiddetti litogeni, ottenuta con l’aumentato apporto di acqua. I sali litogeni sono quelli a base di calcio, ossalato, fosfato, acido urico. Così facendo si riduce il rischio di precipitazione dei cristalli nelle urine e della loro aggregazione fino alla formazione del calcolo”.
“Un’altra condizione in cui è indicato un aumentato apporto di acqua è
l’infezione urinaria ricorrente. E’ noto infatti – aggiunge il prof. Graziani – che, soprattutto nelle donne, sono frequenti infezioni urinarie come le cistiti o le cistopieliti, favorite da un ridotto apporto di acqua e quindi da una eccessiva concentrazione delle urine. Anche le persone anziane sono a rischio di deidratazione: in questo caso il fenomeno è dovuto alla riduzione del senso della sete in queste persone, provocato dalla bassa sensibilità delle papille linguali alla deidratazione. Ciò comporta il rischio di una deplezione di acqua, specie nella stagione estiva, non avvertita dai “sensori” dell’anziano. Una riduzione dell’apporto di sale nella dieta e quindi dell’apporto di
acqua sono invece indicati negli ipertesi, nei malati renali in fase
precedente alla dialisi e nei cardiopatici gravi a rischio di scompenso”.

Come funziona il meccanismo di regolazione idrico dell’organismo?
“Al centro della bilancia dei liquidi c’è un organo-base: il rene. Esso adatta mirabilmente la quantità delle urine e la loro concentrazione alla situazione di idratazione dell’organismo in quel momento. Pertanto, in condizioni di carenza d’acqua il rene è in grado di eliminare le scorie dell’organismo attraverso minime quantità idriche, fino a 400 ml di diuresi nelle 24 ore. Si ottiene il massimo risparmio del capitale idrico. Al contrario, in condizioni di eccessiva idratazione, il rene elimina le scorie organiche aumentando notevolmente il volume urinario, fino a riportare alla norma il capitale idrico corporeo”.

Quali tipi di acqua bere?
“Le acque minerali – conclude il prof. Graziani – presentano una composizione salina molto diversa. Schematicamente si possono classificare in acque oligominerali a basso contenuto di sodio, calcio, magnesio. Il consumo di questo tipo di acqua è indicato soprattutto negli ipertesi e nei soggetti abituali produttori di calcoli, per la cosiddetta terapia idropinica. Le acque minerali a maggior contenuto di sali sono scelte e bevute assai spesso perché assicurano un buon apporto di sali minerali e di oligoelementi. Perciò sono indicate nei bambini, nelle donne gravide, negli anziani”.

A cura di Umberto Gambino

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita