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Benessere

Italia senza sorriso: al 50° posto secondo l’indice della felicità

28/04/2015

La felicità non è di casa. L’Italia si piazza in 50ma posizione nella classifica stilata dal World Happiness Report realizzato per il Programma di sviluppo sostenibile dell’Onu. Il Paese più felice è la Svizzera, seguita da Islanda e Danimarca. Fanalini di coda alcuni Stati asiatici e africani, come Afghanistan e Siria devastati da anni di guerra civile. Il dossier, giunto alla terza edizione, fotografa la condizione sociale di 158 Paesi considerando diversi fattori quali il reddito pro capite, la generosità, l’altruismo, la libertà dalla corruzione, la speranza di vita e la libertà di fare scelte personali e familiari.

A determinare la classifica in maniera considerevole è certamente l’economia. La Grecia, ad esempio, ha subito il calo maggiore in termini di felicità, ma anche all’Italia non è andata meglio. I dieci Stati in cui la valutazione della vita dei cittadini ha subito il calo maggiore, hanno sofferto per la crisi economica degli ultimi anni: tra questi, oltre al Belpaese e alla Grecia, c’è anche la Spagna. «In questi Paesi non è tutto immediatamente riconducibile esclusivamente all’economia – spiega il dottor Enrico Lombardi, psicologo e psicoterapeuta di Humanitas. Conta anche la percezione che le persone hanno di quanto e come le strutture sociali del Paese si siano occupate di loro. Per strutture sociali possiamo intendere i servizi, i rapporti sociali e interpersonali, il tessuto culturale e il welfare state», aggiunge lo specialista. Il benessere, lo star bene, è influenzato quindi tanto dagli affetti familiari e dalle amicizie, dalla possibilità di contare sugli altri quanto dalla qualità di queste strutture sociali.

 

La crisi economica incide sulla salute mentale

Il rapporto tra economia e benessere individuale è da sempre stato oggetto di ricerca. «Uno studio del 2009 di Paul e Moser ha proprio osservato il rapporto tra l’ultima crisi economica globale e i disturbi mentali della popolazione, considerando una serie di ricerche su questo argomento», spiega il dottor Lombardi. «Sembrerebbe che questo rischio aumenti nel caso in cui lo stato dell’economia di un Paese non sia in salute. In particolare – prosegue – i disturbi dell’adattamento, l’ansia e la depressione inciderebbero nel 34% dei casi tra i disoccupati e solo per il 16% tra chi invece ha un lavoro. Questo perché aggraverebbe delle situazioni già esistenti di fragilità o altererebbe un equilibrio sufficientemente positivo».

Come sottolineano gli autori del report, i Governi dovrebbero mettere al centro della loro agenda questo benessere. I Paesi con un capitale sociale più forte sostengono il benessere e sono più resistenti alle crisi economiche e sociali.

In definitiva, la felicità, o il suo contrario, è una condizione correlata tanto all’individuo quanto all’ambiente. «Le teorie più riconosciute integrano fattori individuali e ambientali: ci sono influenze reciproche tra caratteristiche del singolo e condizioni ambientali che impattano su di esso. In questo contesto emerge il concetto di “resilienza”: le persone che vivono in un contesto svantaggiato o potenzialmente traumatico non reagiscono tutti allo stesso modo. Ci sono diversi fattori genetici, ambientali e familiari che concorrono a creare le giuste risposte e l’adattamento dell’individuo a questo contesto», conclude il dottor Lombardi.

 

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