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Benessere

Trombosi: non è solo un mondo per vecchi

13/04/2015

Il 15 aprile sarà in Italia la Giornata nazionale per la lotta alla Trombosi, quarta edizione: molte città partecipano a questo grande progetto di mobilitazione, dedicato alla prevenzione delle malattie causate dalla trombosi, che colpisce non solo chi è avanti negli anni, ma anche chi si affaccia alla vita, i neonati o chi ha appena cominciato a vivere, come i bambini.

L’appuntamento, organizzato e fortemente voluto da ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari ONLUS, rilancia l’hashtag #ALTpigrizia per coinvolgere le persone di ogni età a fare un passo concreto subito verso uno stile di vita sano: tutti possono partecipare e pubblicare foto e selfie su Instagram, Twitter e Facebook.

Abbiamo chiesto ai professionisti di Humanitas di spiegarci la trombosi.

La trombosi colpisce ogni anno 600mila persone in Italia: eppure solo 33 persone su 100 in Italia conoscono il significato della parola “trombosi”: come mai?

Parlare di trombosi significa parlare del meccanismo che provoca infarto, ictus, embolia, trombosi venose e arteriose. Solo negli anni ’80 i medici hanno cominciato a scoprire che l’infarto è causato, nella stragrande maggioranza dei casi, da un trombo, un coagulo di sangue che si forma dentro un‘arteria coronaria e la chiude. È la trombosi che causa l’infarto e l’ictus da aterosclerosi, malattia infiammatoria e progressiva che colpisce le arterie, facilitata da fattori di rischio come età, ipertensione, alto livello di colesterolo e diabete: ma ancora pochi tengono conto che un vaso aterosclerotico si chiude per colpa di un trombo! Far capire che trombosi è infarto, ictus cerebrale, tromboflebite, malattia delle vene e delle arterie sembra semplice, invece è paradossalmente molto complicato.

Quali sono le cause delle malattie da trombosi? Chi rischia di più, uomini o donne?

Le malattie da trombosi sono causate da una squadra di complici, non da un solo killer: quanti più complici salgono sulla barca, tanto più probabile sarà che la barca affondi. Un evento drammatico come l’infarto non è causato solo dal fumo, solo dal colesterolo o solo dal diabete: certo, dobbiamo smettere di fumare, ma anche aumentare l’attività fisica per consumare il colesterolo e ridurre la pressione se è alta, e ridurre il grasso addominale e il giro vita: e curare il diabete; ma non solo normalizzando la glicemia, ma considerando il paziente nella sua “globalità” per evitargli un ictus oppure un infarto, malattie causate dal medesimo meccanismo ma che si verificano in distretti diversi.

Quali sono i fattori di rischio della trombosi?

Il rischio aumenta con l’età, in modo abbastanza democratico per uomini e donne, dopo i 60 anni: rischia di più chi ha più fattori di rischio contemporaneamente. Pesa anche, ma non solo, la famigliarità, che significa avere almeno un consanguineo diretto (fratello, sorella, padre, madre) colpito da una malattia da trombosi in età relativamente precoce, prima dei 65 anni. E pesa ovviamente moltissimo l’aver già avuto un infarto o un’altra malattia da trombosi. Non basta la genetica, non diamo la colpa alla sfortuna: fanno la differenza i fattori di rischio modificabili, legati allo stile di vita, che noi scegliamo, e che paradossalmente non sempre ci prendiamo la responsabilità di modificare.

Non solo anziani: la trombosi colpisce anche giovani e adolescenti. Ci sono cause specifiche per queste classi di età?

La trombosi che colpisce un neonato è spaventosa da raccontare e da vedere: si tratta per fortuna di eventi relativamente rari, ma non impossibili. Così come quando la trombosi colpisce un bimbo che si sta curando per una leucemia o per un’altra forma di tumore, o una giovane donna che utilizza per la prima volta una terapia ormonale contraccettiva e ha, inconsapevolmente, una mutazione che predispone il sistema della coagulazione a essere disordinato e troppo esuberante nel formare coaguli e trombi. Ci sono giovani colpiti da ictus cerebrale in modo “incolpevole”, non perché abusano di sostanze stupefacenti ma perché sono fragili e non lo sanno. Su questi temi anche in Humanitas stiamo lavorando da anni, partecipando allo studio IPSYS (Italian Project for Stroke in Young Subjects), che ha raccolto i casi di oltre duemila giovani, e con il progetto R.I.T.I (Registro Italiano per la Trombosi Infantile), uno strumento finanziato da ALT, che permette ai pediatri che affrontano un caso di trombosi in un neonato di condividerne le cause, la diagnosi e la terapia.

Qual è l’obiettivo del Registro italiano per la trombosi infantile?

L’obiettivo del registro per la trombosi infantile è di arrivare, attraverso la condivisione delle informazioni sui singoli pazienti, a fare diagnosi più rapide e migliori, a curare meglio, a ridurre la probabilità non solo di perdere vite, ma di lasciare invalidità gravissime, a maggior ragione in un bambino. Noi viviamo in un’epoca molto fortunata: quello che la ricerca scientifica ha scoperto e ci ha insegnato nel campo della trombosi negli ultimi anni è straordinario. Adesso dobbiamo, medici e non, informarci, imparare a lavorare in modo interdisciplinare con il cardiologo, il neurologo, il chirurgo vascolare, il pediatra e tutti gli altri specialisti affrontando un malato, che è una persona, e non una malattia, e anche quando ci troviamo di fronte a una persona sana, che non vogliamo che si ammali. La prevenzione delle malattie da trombosi ha un’efficacia fondamentale, reale, immediata, a basso costo, che non richiede esami sofisticati ma pazienti consapevoli e medici informati. Non è facile, ma è possibile.

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