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Klinger: le anomalie del seno, un problema diffuso

01/03/2005

Si dice “chirurgia plastica”, si dice “seno” e immediatamente si pensa ai (tantissimi!) casi in cui a spingere sotto i ferri è il desiderio di un decolleté più conturbante. Vero, ma non solo. A volte a far passare la soglia della sala operatoria è – semplicemente – il sogno di avere un seno uguale all’altro: per forma, dimensione e posizione.
Ben noto agli specialisti, il problema delle anomalie mammarie è invece poco trattato dai media. Troppo “anti-estetico” per affrontarlo? Ne abbiamo parlato con il prof. Marco Klinger, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica II dell’Istituto Clinico Humanitas.

Prof. Klinger, quanto è diffuso il problema delle anomalie mammarie?
“Gli ultimi dati statistici risalgono agli Anni ’60, e furono raccolti dal celebre chirurgo plastico Pitanguy. La valutazione dell’incidenza del problema è soprattutto legata alla casistica professionale di ogni specialista.
In generale, comunque, direi che si tratta di un problema molto frequente anche se poco affrontato dalle donne che ne soffrono. Ma è un vero peccato, vista la qualità dei risultati estetici e, tra l’altro, la possibilità di effettuare l’intervento completamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale”.

Quali disturbi rientrano nella definizione ‘anomalie mammarie’?
“Innanzitutto è importante distinguere tra minime differenze di forma e dimensione, da considerare fisiologiche, e casi invece più gravi e accentuati, che richiedono di essere affrontati chirurgicamente. A seconda del singolo caso, si può decidere di praticare una mastoplastica additiva, aumentando la dimensione del seno più piccolo, o al contrario di intervenire sul seno più grande, ricorrendo quindi alla mastoplastica riduttiva. In ogni caso, il risultato sarà una situazione simmetrica e dall’effetto naturale”.

Quali sono le anomalie più frequenti?
“Il capezzolo introflesso, ad esempio, che colpisce in media 20 donne su mille. La causa è da ricercare nella lunghezza dei dotti galattofori: quando questi tubicini sono troppo corti hanno l’effetto di trattenerlo all’interno. La soluzione è chirurgica e molto semplice: in anestesia locale si tagliano i dotti e il problema scompare immediatamente, con la sola, inevitabile conseguenza di impedire l’allattamento.
Un’altra malformazione di facile soluzione è la politelia, cioè la presenza di capezzoli in più, i cosiddetti capezzoli soprannumerari: un disturbo che colpisce tra le 2 e le 6 donne su cento. Anche in questo caso, basta l’anestesia locale per eliminarli chirurgicamente, proprio come si farebbe con un neo sgradevole”.

Non sempre, però, la soluzione chirurgica è così semplice…
“Questo è vero soprattutto per il seno tuberoso e per la sindorme di Poland. Nel primo caso, di solito uno dei seni è normale e l’altro di forma cilindrica, come se fosse un tubo. Il problema si elimina rimodellando, con l’intervento di mastopessi, la ghiandola mammaria del seno anomalo. Se necessario, per ottenere un risultato più naturale si può anche ricorrere alla mastoplastica additiva.
Ancora più particolare è il caso della sindrome di Poland, disturbo raro caratterizzato dall’assenza di una mammella o addirittura del muscolo pettorale sottostante. Se manca solo la ghiandola si procede a una normale mastoplastica additiva. Se invece la malformazione riguarda anche il muscolo, si rimedia utilizzando un lembo del muscolo grandorsale”.

Che tipo di risultato estetico ci si può aspettare da questi interventi?
“Pur così diverse, le anomalie mammarie hanno in comune, una volta eseguito l’intervento, la qualità del risultato finale. “Le tecniche e le modalità impiegate sono le stesse della chirurgia plastica estetica, con cicatrici il più possibile piccole e nascoste, in molti casi praticamente invisibili”.

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