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Protesi al seno: dai controlli la tranquillità

21/09/2001

“Alla fine degli anni Ottanta – dice il dottor Simone Grappolini, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica di Humanitas – si era diffusa molta preoccupazione perché si temeva che gli impianti al silicone provocassero alcune collagenopatie, quali il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia e l’artrite reumatoide. Gli studi effettuati in questi anni hanno però escluso qualsiasi correlazione. I problemi che possono causare le protesi sono limitati alle reazioni pericapsulari, sempre possibili nel caso di introduzione di un corpo estraneo nell’organismo. Per questo è bene che la paziente si sottoponga periodicamente a un controllo da parte dello specialista”.

Una paziente a cui sia stata impiantata una protesi al seno per garantirsi la tranquillità deve, come qualsiasi donna sopra i 40 anni, effettuare controlli periodici mediante autopalpazione, ecografia e mammografia.
“Poiché le protesi sono radio-opache – spiega il dottor Grappolini – è bene che avverta sempre il medico che effettua l’indagine, per consentirgli di evidenziare la ghiandola mammaria. Oggi le maggiori aziende offrono una garanzia di 10 anni per le protesi, ma questo limite è solo indicativo della loro durata. A volte capita di rimuovere impianti che si sono conservati per 20-25 anni”.

L’indagine più specifica è la risonanza magnetica nucleare, cui si ricorre in caso di sospetta rottura della protesi. In questo caso è buona norma rimuovere capsula e protesi per evitare irritazioni o la formazione di siliconomi.
In commercio esistono inoltre delle protesi a poliuretano che sembra provochino una bassa reazione pericapsulare, ma non si conosce molto delle eventuali controindicazioni Altre protesi di nuova generazione sono quelle di idrogel, una molecola idrosolubile che offre il vantaggio di essere meno radio-opaca. Anche il silicone si è evoluto ed è ora coesivo e quindi più stabile.

“Le nuove protesi – conclude il dottor Grappolini – hanno forme anatomiche e misure differenziate e possono adattarsi alla conformazione del torace e della ghiandola mammaria, permettendo interventi personalizzati”.

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