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Alimentazione

Via libera al piccante a tavola

05/10/2018

C’è un modo per ‘ingannare’ il cervello e spingerlo a desiderare meno cibi salati: mangiare piccante e più in generale speziato. Lo dice una ricerca della Third Military Medical University di Chongqing, in Cina, pubblicata su Hypertension. Secondo i ricercatori che hanno condotto gli esperimenti infatti gli amanti del piccante consumano automaticamente meno sale, garantendosi così una pressione arteriosa generalmente più bassa di chi invece non ama i cibi speziati. Risultato? Una riduzione del rischio di infarto e ictus. Ne abbiamo parlato con Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista di Humanitas.

 

Più sapore senza aggiugere il sale

Gli amanti del gusto piccante consumano meno sale e hanno la pressione più bassa, cosa che riduce il rischio di infarto e ictus. Secondo i ricercatori la chiave potrebbe stare nel fatto che le aree cerebrali stimolate dal sale e da spezie come il peperoncino sono le stesse. Emerge da una ricerca della Third Military Medical University di Chongqing, in Cina, pubblicata su Hypertension. Per lo studio sono stati arruolati 606 adulti cinesi, determinando le loro preferenze per il gusto salato o piccante. I ricercatori hanno quindi collegato tali preferenze alla pressione sanguigna, riscontrando che rispetto a quelli che non amavano i cibi piccanti i partecipanti alla ricerca che invece li consumavano avevano la pressione massima inferiore di otto millimetri di mercurio e la minima di cinque, oltre a consumare meno sale.

Salato e piccante? Per il cervello non c’è differenza

Il team di ricerca ha anche utilizzato tecniche di imaging per esaminare due regioni del cervello, l’insula e la corteccia orbitofrontale, note per essere coinvolti nel gusto salato. È stato così rilevato che le aree stimolate dal sale e dal piccante si sovrapponevano e che anzi il piccante stimolava ulteriormente queste aree cerebrali, rendendo i partecipanti allo studio più sensibili al sale e in grado così di consumarne meno.

Insomma, se si aggiungono un po ‘di spezie alla cottura, si può cucinare cibo gustoso senza utilizzare tanto sale. I ricercatori hanno comunque fatto presente che i risultati andrebbero ripetuti anche sui caucasici per capire ciò che è emerso può essere considerato valido in maniera generalizzata.

 

Il parere di Humanitas

“Le spezie sono molto utili per insaporire i nostri piatti in modo gustoso, evitando un eccessivo utilizzo di sale, ma sono anche un valido alleato per la protezione della nostra salute – ha detto Macorsini -. Fin dall’antichità alle spezie sono state riconosciute proprietà aromatizzanti e antibatteriche, oggi esiste una sensibilità sempre più diffusa verso il loro utilizzo nella prevenzione e nella terapia di varie patologie. Nella nostra epoca di globalizzazione le spezie sono usate quotidianamente da persone di nazionalità diversa e ciò aumenta la conoscenza delle spezie sia come alimenti che come sorgente di principi attivi che possono avere effetti benefici sulla nostra salute”.

 

Quali sono gli effetti benefici delle spezie più comuni?

La spezia più diffusa al mondo è il pepe nero, il suo aroma piccante e la sua capacità di modificare i sapori sono attribuibili alla piperina – ha aggiunto la dietista -. Al pepe nero è riconosciuta una proprietà digestiva in quanto aumenta la secrezione degli enzimi digestivi e riduce il tempo di transito.

Alcuni studi hanno evidenziato che la piperina potrebbe avere un effetto protettivo nei confronti dell’ulcera gastrica, ovviamente alle dosi comunemente utilizzate. La piperina aumenta la capacità di assorbimento della mucosa a livello intestinale, stimola la termogenesi (spesa energetica corporea) e ha proprietà antiinfiammatorie.

Il peperoncino deve invece il suo gusto piccante alla capsaicina che, attraverso uno specifico recettore, è in grado di agire sul senso di appetito e su quello di sazietà. Studi recenti hanno evidenziato che un milligrammo di peperoncino ricco di piperina è in grado di avere effetti positivi sul controllo di appetito e sazietà. La capsaicina ha un’attività benefica anche a livello cardiovascolare perché stimola il rilascio di ossido nitrico che agisce positivamente sulla pressione arteriosa. La capsaicina ha anche un effetto desensibilizzante ed analgesico che viene sfruttato nella preparazione di applicazioni per uso topico da impiegare in casi di dolore cronico, come la neuropatia diabetica e i dolori neuromuscolari. La capsaicina è in grado di aumentare la funzione vescicale e controllare l’incontinenza urinaria, riduce la nausea e il vomito post-operatori ed è un valido gastroprotettore nelle terapie con antinfiammatori non steroidei.

Il componente biologicamente attivo della curcuma è la curcumina, tradizionale conservante e responsabile del colore giallo-oro del curry.

Negli ultimi anni vari studi hanno evidenziato le attività antiossidanti, antivirali, antiproliferative e antinfiammatorie di questa spezia. La curcuma potrebbe avere anche proprietà anticancerogene considerando lo stretto legame del cancro con lo stato infiammatorio alterato e lo stress ossidativo e le proprietà antiossidanti e antiinfiammatorie della spezia. La curcuma sembrerebbe ridurre l’angiogenesi (crescita di nuovi vasi) e diminuire quindi la diffusione delle cellule tumorali.

In soggetti con Morbo di Crohn (malattia infiammatoria cronica intestinale), l’assunzione di curcumina ha permesso di ridurre le dosi delle terapie farmacologiche.

La cannella ha proprietà metaboliche: pazienti diabetici che hanno assunto 2 g/die di cannella per 4-18 settimane hanno visto ridursi i valori di glicemia, colesterolo totale e trigliceridi.

Lo zenzero fin dall’antichità è stato utilizzato per controllare nausea e vomito di varia natura (nausea gravidica, nausea post-operatoria, mal di mare).

Lo zafferano è ricavato dagli stimmi del Crocus sativus ed è una spezia molto costosa: (70mila fiori danno 2,5 kg di stimmi da cui si ricava 1 kg di zafferano). E’ molto ricco di antiossidanti che non vengono alterati in cottura.

I chiodi di garofano sono ricchi in eugenolo con proprietà antimicrobiche sfruttate nella disinfezione del cavo orale e nelle medicazioni odontoiatriche.

 

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