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Obama, un progetto per mappare il cervello

20/02/2013

La comprensione del cervello è sempre più profonda. Ma resta ancora tanto da capire. Per questo a marzo l’amministrazione degli Stati Uniti d’America presenterà un progetto decennale, del costo di miliardi di dollari, che consentirà di ricostruire una mappa elle varie funzioni del cervello

Il progetto che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, sta mettendo in campo – verrà presentato nel mese di marzo – è di quelli da lasciare il segno per le generazioni future. Perché l’obiettivo di tale progetto, che avrà una durata di almeno 10 anni, è tra i più ambiziosi: creare una mappa completa e precisa delle varie funzioni del cervello. L’analisi – che coinvolgerà i migliori ricercatori degli istituti pubblici, affiancati da quelli di alcune società private di ricerca – riguarderà il comportamento e le interazioni dei miliardi di neuroni che sono presenti nel cervello umano. I risultati finali potranno essere paragonati, come importanza, a quelli che hanno riguardato, in passato, quelli effettuati sul DNA umano. Tanto importanti che l’amministrazione a stelle e strisce ha deciso di investire alcuni miliardi di dollari, come rivelato dal New York Times, che ha sottolineato come la mappatura del cervello sia indispensabile per combattere malattie come il Parkinson, l’Alzheimer e varie forme di disturbi mentali. Ma una ricerca del genere potrebbe spingersi anche ben più oltre, fino a poter penare di costruire un’intelligenza artificiale.

 

Cervello, c’è ancora molto da scoprire

Il cervello è l’organo che da sempre affascina di più i ricercatori, ma allo stesso tempo è anche quello più restio a svelare i suoi segreti. Del cervello si sa molto, ma tanta è la sua complessità che ancora moltissimo resta da scoprire. Tuttavia, comprendere al meglio il modo esatto in cui funziona non è utile solo per soddisfare la curiosità scientifica ma è essenziale soprattutto a scopi clinici, per esempio per poter eseguire un intervento chirurgico senza compromettere le funzioni a cui il cervello assolve.

Ecco perché la ricerca è impegnata da decenni a costruire una mappa di questo organo, una vera e propria cartina che descriva con la più alta risoluzione possibile, le sue attività.

«Quando parliamo di mappatura del cervello – spiega la dottoressa Gabriella Cerri, responsabile del Laboratorio di Fisiologia del Controllo Motorio di Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano – intendiamo la ricostruzione delle diverse aree e delle funzioni a cui esse assolvono. Il sistema nervoso, infatti, è organizzato in compartimenti, ciascuno specializzato in una funzione: la capacità motoria, la percezione sensoriale, la memoria, la funzione linguistica, il riconoscimento dei volti, tanto per citarne qualcuna, vengono controllate ciascuna da aree diverse del cervello».

 

Il cervello, un intricato sistema di reti

Ciò non significa che il nostro cervello lavori un pezzetto per volta. Tutt’altro. «Il cervello deve essere considerato un organo sempre globalmente attivo – precisa la dottoressa Cerri – ma ci sono dei momenti, quando svolgiamo una determinata attività cognitiva, motoria o vegetativa, in cui determinate aree sono più attive di altre. Anche in questi momenti, tuttavia, queste regioni non potrebbero svolgere correttamente i compiti complessi cui siamo abituati se le altre non garantissero il dovuto supporto».

Ed è questa una delle difficoltà maggiori nella comprensione del funzionamento del cervello. L’architettura del sistema nervoso è fondata su cellule (i neuroni) la cui principale caratteristica è un’innata capacità di stabilire relazioni con le cellule a loro simili. Quel che ne viene fuori è un intricato sistema di reti, ciascuna specializzata in una funzione ma allo stesso tempo interconnessa con le altre.

Così, quello che può sembrare un gesto semplice come l’articolazione di una parola è in realtà il frutto di un complessissimo circuito neurale che «coinvolge strutture dedicate a funzioni diverse: il sistema motorio, il sistema dedicato alla comprensione e produzione dei diversi aspetti del linguaggio, perfino l’udito», spiega ancora la dottoressa Cerri.

 

Per curarlo bisogna conoscerne le reazioni

Nonostante questa complessità, la comprensione di come il cervello funzioni procede velocemente. E la definizione dei collegamenti tra una specifica area cerebrale e una determinata funzione sono sempre più dettagliate tanto che già oggi vengono impiegate in campo clinico rendendo, tra le altre cose, più sicuri ed efficaci gli interventi chirurgici.

«Se si deve effettuare un intervento chirurgico sul cervello, per esempio per rimuovere un tumore, è essenziale conoscere esattamente cosa fanno le aree su cui si sta per intervenire – spiega il professor Lorenzo Bello, responsabile di Neurochirurgia Oncologica in Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano –. Innanzitutto se la loro funzione è integra o è stata compromessa dalla malattia. Il cervello inoltre modifica le sue funzioni in conseguenza della presenza della malattia, spostandole in aree contigue o riorganizzandole (è quella che viene chiamata plasticità). Infine, il livello di organizzazione funzionale e il grado di plasticità sono diversi tra gli individui e cambiano nel tempo, in rapporto alla evoluzione della malattia e delle terapie effettuate anche nello stesso individuo. Conoscere queste informazioni consente di pianificare al meglio la procedura chirurgica, e di ridurre sensibilmente gli errori». Per conoscere il grado di plasticità raggiunta, prima di sottoporre il paziente a intervento, il chirurgo ha diverse modalità: «per esempio attraverso lo studio neuro radiologico (fMRI, trattografia) e la valutazione neuropsicologica», aggiunge il professor Bello.

 

La stimolazione elettrica aiuta gli interventi

«Durante l’intervento – prosegue il neurochirurgo – l’organizzazione funzionale del cervello viene inoltre studiata attraverso la neurofisiologia intraoperatoria, che consente di individuare online le varie funzioni svolte dalle aree del cervello attraversate. Oggi possiamo sapere esattamente che compito svolgono molte aree nelle complesse funzioni nervose e quindi prevedere il danno che ne conseguirebbe se fossero danneggiate. Durante l’intervento chirurgico attraverso un’opportuna stimolazione elettrica siamo in grado di accendere o spegnere la loro attività e distinguere le aree patologiche da quelle integre. L’obiettivo di questa guida diretta è aumentare l’efficacia della procedura, aumentando il grado di resezione chirurgica e l’impatto oncologico dell’intervento, riducendo al minimo le probabilità di ledere funzioni importanti per il paziente, conservadone l’integrità funzionale», conclude.

E in genere si riesce a farlo. Le conoscenze maturate negli ultimi anni stanno consentendo di ottenere risultati impensabili fino a non molto tempo fa. Inoltre, le osservazioni raccolte durante l’intervento chirurgico consentono di approfondire la conoscenza del ruolo che le varie aree e strutture svolgono. Ed è su questo fronte che ricerca e clinica si incontrano.

Però la strada verso interventi ancora meno lesivi delle funzionalità cerebrali è ancora lunga e passa per una più profonda conoscenza di questo sistema. La sfida non è semplice. Ma proprio dalla collaborazione tra ricerca e attività clinica potrebbero venire ulteriori risultati importanti. E un grande aiuto verrà proprio dall’ingente investimento stanziato dall’amministrazione americana, intenzionata a dare una svolta epocale a un settore importante come questo.

 

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