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Tecnologia

Radioterapia, arriva l’ultima generazione

08/06/2010

Le frontiere dell’innovazione clinica contro il cancro spiegate dalla dott.ssa Marta Scorsetti, responsabile di Radioterapia in Humanitas.

In soli 75 secondi la macchina compie un giro completo attorno al paziente, irradiando con precisione infinitesimale le cellule tumorali, senza intaccare i tessuti sani. Dal momento in cui il paziente entra in reparto alla fine della terapia non passano più di 10 minuti. Con poche sedute di questo tipo la massa tumorale si riduce in maniera considerevole o viene eliminata del tutto. Una cura così rapida e precisa è possibile grazie a RapidArc, un sofisticato e innovativo sistema integrato con l’acceleratore lineare, presente in Humanitas da circa un anno e in uso, attualmente, soltanto in pochi ospedali europei, fra cui Bellinzona, Amsterdam e Copenaghen.
“L’efficacia della radioterapia stereotassica a livello delle metastasi cerebrali e di diversi tumori come il carcinoma polmonare allo stadio iniziale o le metastasi epatiche è già nota e validata – racconta Marta Scorsetti, responsabile dell’Unità Operativa di Radioterapia e Radiochirurgia di Humanitas -. Noi siamo stati tra i primi ad estendere questo trattamento, nell’ambito di studi clinici mirati, ai tumori polmonari localmente avanzati, alle lesioni metastatiche dell’addome, delle pelvi e del fegato, alle recidive di malattia a livello vertebrale con compressione midollare e, ancora, ai tumori della testa e del collo dove il risparmio di dose alle parotidi può evitare notevoli effetti collaterali, come la mancanza di saliva. Questa metodica si è dimostrata eccellente, in particolare quando ci troviamo ad affrontare casi complessi, come tumori molto profondi, vicini a grossi vasi sanguigni o comunque non operabili per altri fattori. Inoltre l’impiego di RapidArc in situazioni molto complesse anatomicamente, come nel caso del trattamento del mesotelioma pleurico, ci ha permesso di trattare pazienti fino ad oggi poco responsivi alle cure con ottimi risultati, ottenendo in alcuni casi una lunga stabilizzazione di malattia ed un ottimo impatto sul controllo del dolore”.

Questa nuova soluzione terapeutica si va ad aggiungere agli altri sistemi radioterapici già presenti da tempo in Humanitas. Tra questi la radioterapia stereotassica cerebrale e corporea SBRT e un sistema 4D che irradia il tumore tenendo conto dei movimenti respiratori del paziente.
“Le nuove tecnologie hanno portato grandi innovazioni nella nostra attività già nella fase di studio dei casi clinici – spiega la dottoressa Scorsetti -. Dopo una prima valutazione in cui si stabilisce se queste terapie sono adatte al paziente, effettuiamo una TAC di simulazione e, se è il caso, anche una risonanza magnetica o una PET. Con questo approccio, che chiamiamo ‘imaging multimodale’, siamo in grado di stabilire non solo la localizzazione esatta e le dimensioni del tumore, ma anche quali sono al suo interno le aree più attive e pericolose. Possiamo così predisporre un piano di trattamento personalizzato e selettivo, in modo da colpire con assoluta accuratezza e precisione solo le cellule tumorali risparmiando al massimo i tessuti sani e quindi riducendo notevolmente la tossicità. In questa fase lavoriamo a stretto contatto con un gruppo di fisici specializzati che calcolano l’intensità e la dose di radiazioni per ottenere il miglior risultato possibile con il minor rischio di sviluppare effetti collaterali”. Fino a poco tempo fa, calcoli di questo genere richiedevano un intero giorno per ciascun paziente. Oggi grazie a software ed algoritmi estremamente sofisticati, questo tempo si è ridotto ad un’ora soltanto.

I vantaggi per il paziente
“Una volta che abbiamo elaborato tutti i dati, il piano di cura viene trasferito alla macchina, che entra in funzione e agisce contemporaneamente variando l’intensità del fascio, la velocità del gantry, la velocità e posizione delle lamelle – aggiunge la dottoressa Scorsetti -. Il di­spositivo che emette le radiazioni è montato su un braccio e ruota attorno al paziente in modo da colpire la lesione da posizioni diverse.
In precedenza il trattamento radiante a modulazione di intensità (IMRT) durava dai 20 ai 40 minuti, mentre oggi impiega mediamente 75 secondi e questo ci permette di estendere la cura anche a coloro che non riescono a mantenere una determinata posizione per un certo periodo di tempo. Inoltre, la combinazione tra i movimenti delle lamelle e la regolazione dell’intensità permette di concentrare una maggiore quantità di radiazioni sulle cellule più attive, diminuendo al contempo l’esposizione complessiva. Ridurre la dose di raggi cui viene sottoposto il paziente, significa offrirgli un’opportunità in più in caso di recidive. Il nostro organismo, infatti, può tollerare una certa quantità di radiazioni prima di subire danni irreversibili. Ogni esposizione, in sostanza, riduce la nostra possibilità di successivi trattamenti. In passato, quando le dosi erano meno calibrate, ci trovavamo di fronte al problema di non poter più ritrattare in modo efficace pazienti con recidive. Oggi con RapidArc questo problema è stato arginato e i pazienti possono ripetere più cicli di cura nell’arco della vita”.

RapidArc può essere impiegato senza particolari vincoli legati all’età del paziente o al tipo di tumore. L’unica limitazione sono i casi in cui le metastasi sono talmente diffuse nell’organismo da rendere pressoché inutile la radioterapia, mentre si possono trattare tumori localmente avanzati di dimensioni molto estese, generalmente inoperabili come ad esempio i tumori polmonari in associazione alla chemioterapia, ottenendo ottimi risultatati. Inoltre la radioterapia può essere un’interessante alternativa alla chirurgia anche nei casi operabili, in particolare per i tumori molto piccoli o localizzati in profondità. “Ci sono già i primi dati scientifici, in questo senso, per il cancro della prostata e alcuni studi in corso per quello al polmone – precisa Marta Scorsetti -. Per questo è importante il lavoro di squadra assieme ai chirurgi e agli oncologi: la multidisciplinarietà permette di individuare il trattamento più adatto alle caratteristiche del paziente, in modo da controllare la malattia ed assicurare una migliore qualità della vita. Oggi, con il cancro si può arrivare a convivere bene e a lungo. La tecnologia avanzata ci ha fatto fare passi da gigante, ma da sola non basta”.

A cura della Redazione

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