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Il ritorno della poliomielite in Siria

18/04/2014

La comunità medica internazionale è in allarme a causa della ricomparsa della poliomielite in Siria. Una ricomparsa legata al fatto che la guerra civile in atto sta impedendo ai medici di raggiungere l’intera popolazione e rende quanto mai difficoltosa, se non impossibile, l’esecuzione dei vaccini.

Un duro colpo per la comunità medica internazionale, come sottolinea il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas.

Professor Mantovani, che significato assume il ritorno della poliomielite in Siria?

«Si tratta di un duro colpo per tutti noi, perché l’obiettivo che abbiamo da tempo, dichiarato espressamente anche dall’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità, è quello di eliminare la poliomielite dalla faccia della terra. Un obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso l’esecuzione sistematica dei vaccini. Si tratterebbe di fare quello che già è avvenuto, ad esempio, con il vaiolo. Oggi i nostri figli non devono nemmeno più vaccinarsi, perché le precedenti generazioni l’hanno fatto fino a far scomparire questo micidiale flagello, che in epoca pre-vaccino mieteva nella sola Europa 700mila vite l’anno».

Una risposta a chi dice che i vaccini non sono così importanti come li si dipinge…

«È un dato di fatto che certe malattie prosperano là dove ci sono difficolta oggettive a eseguire le vaccinazioni. In Siria, come abbiamo detto, ma anche in Afghanistan, in Pakistan, in Nigeria dove per situazioni di fragilità non è possibile raggiungere tutti i bambini. Non dobbiamo mai dimenticare che quello dei vaccini è l’intervento medico a basso costo che più ha cambiato la salute del genere umano».

C’è però chi sostiene che i vaccini possano essere collegati ad alcune patologie come l’autismo o la sclerosi multipla. Qual è la sua opinione al riguardo?

«È notizia di pochi giorni fa l’iniziativa giudiziaria del Tribunale di Trani che richiama l’esistenza di un possibile nesso tra vaccinazione e autismo. Si tratta, è bene dirlo con chiarezza, di una vera e propria bufala. Lo studio originale, su cui si basa questa falsa opinione, risale addirittura al 1998 ed è stato smentito ripetutamente. Sull’integrità dell’autore dello studio sono stati sollevati dubbi gravissimi, che hanno portato alla sua espulsione dall’ordine dei medici inglesi. Non c’è alcun nesso tra vaccini e autismo: su questo c’è assoluta concordia da parte di tutta la comunità scientifica internazionale! Si tratta solo di una leggenda metropolitana, di una delle tante che circolano attorno al mondo della sanità, di cui è pieno Internet, come quella che ipotizza legami fra vacinazioni e sclerosi multipla».

Qual è la situazione dal punto di vista dei vaccini nel nostro Paese?

«Bisogna dire, per prima cosa, che l’Italia è all’avanguardia dal punto di vista della ricerca sui vaccini. Il suo ruolo di leadership internazionale è certificato dal fatto che molti grandi progetti europei sui vaccini sono proprio di guida italiana. Di recente, per fare un esempio, in Inghilterra è stato approvato l’uso del vaccino contro il meningococco che è stato messo a punto a Siena. Detto questo, bisogna aggiungere che la copertura vaccinale nel nostro Paese per alcuni vaccini, come ad esempio quello contro il morbillo o contro il virus del papilloma, è insoddisfacente».

È importante fare questi vaccini?

«Molto importante. Non dimentichiamoci che abbiamo avuto, lo scorso anno, dei morti per il morbillo, che con il vaccino non ci sarebbero stati. La vaccinazione contro il papilloma, poi, è di fondamentale importanza. Questo virus – trasformandosi in cancro della cervice uterina e probabilmente in alcuni tumori dell’oro faringe – causa, nel mondo, la morte di 250mila donne ogni anno. È sufficiente questo dato per capire quale strumento prezioso abbiamo a disposizione con questo vaccino. E per comprendere che non utilizzarlo a dovere è un vero e proprio delitto. La sfida che abbiamo davanti è dunque quella di non lasciarci disorientare dalle bufale e di procedere con decisione nell’utilizzo dei vaccini, in particolare nei luoghi e per gli strati sociali che più ne hanno bisogno».

 

                                                                                            Risposta a cura del prof. Alberto Mantovani

Direttore Scientifico dell’Istituto Humanitas
e docente di Patologia all’Università degli Studi di Milano

 

 a cura di Luca Palestra

 

 

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