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Leucemia, autorizzata negli Stati Uniti la prima terapia genica

18/09/2017

La Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatore del settore farmaceutico e alimentare negli Stati Uniti, ha reso disponibile per gli USA la prima terapia genica per il trattamento della leucemia. La terapia è rivolta a pazienti fino a 25 anni di età colpiti da leucemia linfoblastica acuta, la forma di tumore del sangue più comune in età pediatrica. Il trattamento prevede la riprogrammazione di alcune cellule immunitarie prelevate dal paziente stesso e quindi reinfuse per aggredire il tumore. Ne parliamo con il professor Matteo Della Porta, responsabile Sezione Leucemie di Humanitas.

Le cellule interessate dal trattamento immunoterapico personalizzato sono i linfociti T, un tipo di globuli bianchi, e la tecnologia impiegata è la Car-T: «Quando si sviluppa una leucemia vuol dire che il nostro sistema immunitario non è stato in grado di reagire adeguatamente contro le cellule tumorali, eliminandole. In particolare – spiega il professore – i linfociti T, che tra le altre numerose funzioni sono anche le cellule deputate alla sorveglianza antitumorale, diventano inefficienti. La tecnologia Car-T (T appunto da linfociti T, Chimeric antigen receptor T-cell) è molto sofisticata e consiste nell’isolare dal paziente i propri linfociti T che, per così dire, vengono ‘riprogrammati’ attraverso una tecnologia sofisticata che permette di immettere in queste cellule (tramite una porzione di un virus particolare), un recettore (Car) specifico per le cellule leucemiche del paziente rendendo così i linfociti T nuovamente reattivi contro il tumore del sangue».

La riprogrammazione “trasforma” i linfociti T

«In questo meccanismo assolutamente nuovo di aggressione immunitaria verso le cellule leucemiche sta il segreto dell’estrema efficacia del trattamento con Car-T. Questi linfociti rigenerati, quando vengono reintrodotti nell’organismo sono stati equipaggiati con due potenti armi intelligenti: un recettore sulla superficie esterna in grado di riconoscere la proteina presente nella maggior parte delle cellule tumorali (una sorte di sensore che rileva i nemici), molto più potente del recettore originale e in grado di eludere alcuni meccanismi di resistenza adottati dalle cellule tumorali; e un meccanismo posto all’interno del linfocita T, che lo stimola a espandersi e proliferare nel momento in cui si attacca alla proteina malata, dopo averla riconosciuta».

(Per approfondire leggi qui: Tumori del sangue, verso trattamenti personalizzati e medicina di precisione)

«Un ulteriore aspetto particolarmente innovativo di questa strategia è che l’azione contro le cellule tumorali è continua (potremmo dire che potenzialmente può durare per sempre): ovvero, se la malattia si ripresenta, le cellule Car-T identificano le nuove cellule cancerose e ricominciano a ucciderle».

I pazienti candidabili al trattamento sono affetti da leucemia linfoblastica acuta a linfociti B. In una quota compresa tra il 15% e il 20% dei pazienti, la patologia è refrattaria, ovvero non risponde al trattamento, oppure si ripresenta dopo una prima terapia. Per questi casi sarà possibile ricorrere dunque alla nuova opzione di trattamento autorizzata dalla FDA.

Come ricorda l’ente governativo statunitense, questa immunoterapia si è dimostrata efficace nei test clinici: «I risultati delle sperimentazioni condotte sino ad ora con questa terapia innovativa sono estremamente promettenti. Nelle leucemie linfoblastiche acute del bambino si sono ottenute, in pazienti che non rispondevano a nessuna delle altre terapie, elevate percentuali di remissione completa: tra il 70% e l’85%, con circa il 60% dei pazienti vivo a sei mesi e circa il 50% a 18 mesi, e in alcuni casi con remissioni anche più durature. Sulla base di questi risultati, sono in corso sperimentazioni anche sui pazienti adulti», ricorda il professor Della Porta.

Effetti collaterali e centri specializzati

Tuttavia alla terapia potranno seguire degli effetti collaterali anche molto severi. Per questi motivi l’FDA ha definito delle regole molto rigide per la sua somministrazione: «Come sempre in ambito scientifico, non si può però parlare di “cura miracolosa”. Purtroppo le cellule leucemiche possono essere resistenti anche a questa terapia. Inoltre si tratta di un trattamento molto complesso, che deve essere condotto in centri con grande esperienza. Infatti negli studi clinici sono emersi in alcuni casi effetti collaterali anche molto gravi (eventi avversi neurologici, infezioni e sindrome dovuta al rilascio – favorito dalle cellule Car-T – di particolari sostanze infiammatorie che possono provocare febbre elevata, ipotensione, insufficienza respiratoria e danni a vari organi)».

«Un ultimo elemento di complessità è legato alla necessità di avere accesso a laboratori estremamente sofisticati dal punto di vista tecnologico, che siano in grado di manipolare con successo le cellule immunitarie del paziente. Tali centri  sono attivi negli USA e si stanno realizzando anche in Europa (Germania e Inghilterra in primis). L’Italia è all’avanguardia nel trattamento delle malattie del sangue, e per questo motivo anche nel nostro Paese stanno partendo studi sperimentali con Car-T: anche se non esistono al momento laboratori attrezzati, le cellule del paziente possono essere inviate nel laboratorio specifico dove vengono manipolate e rispedite al centro che provvede alla loro reinfusione», conclude lo specialista.

(Per approfondire leggi qui: Immunoterapia e cancro, la ricerca verso una migliore scelta dei pazienti da curare)

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