Stai leggendo Epatite E, attenzione alla cottura della carne di maiale

Alimentazione

Epatite E, attenzione alla cottura della carne di maiale

19/07/2017

In Europa il modo più comune per contrarre il virus dell’epatite E è il consumo di carne di maiale cruda o poco cotta. La conferma arriva dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare dopo la diffusione dei dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie che ha riferito di uno stabile aumento dell’incidenza della patologia tra il 2005 e il 2015. «L’infezione è più comune nei Paesi in via di sviluppo mentre a tutt’oggi è descritta come rara nell’Unione Europea e negli Stati Uniti», ricorda il dottor Roberto Ceriani, Responsabile Day Hospital epatologico ed Epatologia interventistica di Humanitas.

Secondo il centro europeo, nei Paesi dell’Unione Europea e dell’Area economica europea in questo decennio sono stati registrati 21 081 casi, passando dai poco più di 500 casi del 2005 ai  5617 del 2015. Dal 2011 al 2015 questi sono triplicati. In cinque Paesi sono stati inoltre registrati 28 decessi. In particolare sono stati colpiti prevalentemente uomini con più di 50 anni di età; le infezioni erano spesso asintomatiche e nei casi di infezione acuta la malattia non era stata comunque grave, si era risolta spontaneamente o senza particolari effetti sulla salute nel lungo periodo.

Come avviene il contagio

Per le autorità europee dietro l’aumento dell’incidenza c’è la maggiore consapevolezza riguardo l’epatite E e la sua rilevazione ma possono aver pesato anche cause legate alle abitudini alimentari. «Sono state riportate epidemie in Asia, Medio Oriente, Africa e America Centrale, soprattutto per le persone che vivono in campi profughi o in ambienti sovraffolati temporanei dopo disastri naturali. La contaminazione virale avviene per via oro-fecale, per cui la fonte più comune di infezione in queste aree geografiche è l’acqua contaminata. Nei Paesi occidentali si sono verificati dei casi dopo il consumo di carni o estratti di maiale, cinghiale o di cervo poco o non cotto. Recentemente è stata descritta un’epidemia su di una nave da crociera dopo consumo di molluschi», spiega il dottor Ceriani.

L’andamento della malattia

Quali sono i sintomi dell’epatite E? «Febbre, affaticamento, perdita di appetito, nausea, vomito, dolori addominali, urine scure, feci chiare e ittero (ingiallimento della cute o degli occhi) si sviluppano dopo 2-8 settimane dall’esposizione. La maggior parte dei pazienti guarisce ma esiste un rischio grave e di mortalità nelle donne al terzo trimestre di gravidanza, nei pazienti con malattia epatica e nei pazienti trapiantati in cui, per altro, la malattia può cronicizzare».

(Per approfondire leggi qui: Epatite virale, nel mondo uccide più della malaria)

«Non esiste una terapia antivirale specifica per l’epatite E; si consiglia il solo trattamento di supporto e il riposo, oltre al divieto di consumo dell’alcol e di farmaci come per esempio il paracetamolo. L’ospedalizzazione viene considerata solo per le donne gravide».

Come si previene?

Le due organizzazioni europee ricordano come il modo comune per essere infettati dal virus dell’epatite E sia consumare carne o fegato di maiale crudi o non cotti in maniera adeguata.

«La prevenzione dell’epatite E si basa su una buona igienizzazione e sulla disponibilità di acque non infette. Il consiglio ai viaggiatori verso i Paesi a rischio è quello di non bere acqua non imbottigliata, anche se la bollitura e la clorazione dell’acqua inattivano il virus E, devono inoltre evitare il consumo le carni di maiale e selvaggina non ben cotte​», conclude lo specialista.

(Per approfondire leggi qui: Salmonellosi, per la terapia utili anche i probiotici)

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita