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Tumore alla prostata, verso una terapia personalizzata con un esame del sangue?

29/06/2017

Un esame del sangue per una medicina personalizzata nella terapia del tumore alla prostata. È il test perfezionato da alcuni ricercatori dell’Institute of Cancer Research di Londra (Regno Unito) per selezionare i pazienti con più probabilità di rispondere a un certo trattamento. Si tratta di un farmaco che ha come target alcune variazioni genetiche del tumore. «Lo studio è un esempio eclatante dell’avanzamento della medicina verso trattamenti su misura per il singolo paziente», dice il dottor Massimo Lazzeri, urologo dell’ospedale Humanitas.

Il test, oltre a questa sorta di screening dei pazienti, avrebbe anche ulteriori benefici: fornirebbe informazioni utili sull’efficacia della terapia e permetterebbe di monitorare l’eventuale sviluppo della resistenza al farmaco da parte del tumore.

La ricerca – pubblicata su Cancer Discovery – è stata condotta su 49 pazienti. Il farmaco in questione è in grado di eliminare le cellule tumorali che contengono geni “difettosi”, geni che partecipano alla riparazione del DNA come il BRCA 1 e il BRCA 2. Il farmaco non sempre è efficace: o lo è immediatamente o perché deve fare i conti con la resistenza del tumore.

(Per approfondire leggi qui: Geni BRCA 1 e 2 alterati “spia” di aggressività del tumore prostatico)

Il test messo misura i livelli di DNA tumorale circolante nel sangue

I ricercatori hanno visto che nei pazienti che rispondevano al farmaco questi livelli si riducevano consistentemente (circa il 50% come valore mediano); nei pazienti per i quali la terapia era inconcludente, i livelli di DNA aumentavano. A queste variazioni erano anche associati diversi tassi di sopravvivenza, più alti per il primo gruppo.

«Con questa ricerca si “entra” nel DNA del tumore. Sappiamo – spiega il dottor Lazzeri – che nel nostro organismo ci sono dei “meccanici” che intervengono per riparare i difetti del DNA e per evitare che quel difetto possa dar vita a un tumore. In alcuni casi, però, sono i meccanici stessi sono difettosi, dunque non in grado di riparare i guasti. Ecco che il rischio di tumore aumenta».

È a questi “meccanici” che bisogna guardare: «Posso sapere se sono portatore di questi enzimi di riparazione difettosi e dunque a maggior rischio oncologico? Sì, lo è ad esempio chi è portatore dei geni BRCA 1 e 2, quelli saliti agli onori della cronaca con il caso di Angelina Jolie, associati a un maggior rischio di tumore alla mammella. Recentemente si è considerato che la trasmissione del gene BRCA 2 possa esporre il paziente ad un rischio maggiore di tumore alla prostata rispetto alla popolazione di controllo».

Tumore alla prostata e familiarità

«Fino a oggi si è pensato che la familiarità per il tumore alla prostata sia legata solo alla linea maschile (padre, fratello, zio); potrebbe invece diventare utile valutare anche la storia familiare femminile nei pazienti esaminati per un sospetto tumore prostatico», avverte il dottor Lazzeri.

(Per approfondire leggi qui: Tumore alla prostata, ecco quanto pesa aver avuto un caso in famiglia)

«In futuro l’acquisizione delle conoscenze relative alle alterazioni genetiche potrebbe far sì che si crei una “libreria” di cellule e geni malati e che si possano mettere in atto trattamenti mirati su quei geni fino al punto di riparare un gene anomalo», conclude l’esperto.

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