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Fibrillazione e scompenso, cambiano le linee guida

04/04/2012

Humanitas in prima fila per la cura della fibrillazione atriale e dello scompenso cardiaco. La parola al dott. Maurizio Gasparini.

Una metanalisi in grado di modificare alcune linee guida in ambito cardiologico per il trattamento della fibrillazione atriale e scompenso cardiaco con due tra gli studi più importanti svolti dai ricercatori di Humanitas e l’editoriale elaborato dal dottor Maurizio Gasparini, responsabile dell’Unità Operativa di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca in Humanitas, ripreso su TheHeart.org, la “bibbia” online in ambito cardiologico, confermano la forte presenza di Humanitas nell’ambito della ricerca nazionale ed internazionale. Ma di cosa tratta esattamente questo studio e in cosa può modificare le linee guida?

Dottor Gasparini, quali le novità di questa metanalisi in grado di modificare le linee guida?
“Partiamo da una premessa e cioè che una metanalisi è un raggruppamento di una serie di studi scientifici non randomizzati che, raccolti in un’unica analisi, raggiungono una numerosità ed una significatività comparabile a quella di un trial randomizzato. La presenza di due trials randomizzati positivi oppure di un trial randomizzato ed una metanalisi positiva assumono una rilevanza assoluta e sono in grado di modificare le linee guida. La metanalisi di cui trattiamo, svolta da ricercatori australiani e pubblicata su JACC – Journal of the American College of Cardiology (con un impact factor pari a 14), prende in considerazione persone con scompenso cardiaco refrattario alla terapia farmacologica e affette da fibrillazione atriale permanente (che sono due disturbi che si alimentano a vicenda e che, insieme, come capita spesso negli anziani, possono far precipitare una situazione clinica già compromessa). Nei pazienti con scompenso cardiaco senza fibrillazione atriale è noto che la resincronizzazione cardiaca (anche detta stimolazione biventricolare) riduce l’ospedalizzazione e la mortalità, mentre non ci sono trials sufficienti eseguiti in pazienti con fibrillazione atriale. Questo disturbo, infatti, impedisce la corretta sincronizzazione dell’apparecchio perché il ritmo naturale (fibrillante) non è regolare e, molto spesso, è più veloce della frequenza impostata al device di resincronizzazione cardiaca. Gli studi analizzati dalla metanalisi dimostrano in maniera chiara ed esaustiva che in tali casi è necessario eseguire una ablazione dell’atrio-ventricolare, cioè tagliare il nodo atrio-ventricolare in modo da riuscire a ‘far gestire’ all’apparecchio la situazione. E noi di Humanitas siamo stati i primi ad averlo dimostrato su JACC nel 2006. Dopo l’ablazione del nodo atrio-ventricolare il paziente diventa dipendente dall’apparecchio di resincronizzazione e si riesce ad avere un risultato ottimale con il 100% di stimolazione biventricolare”.

Quale è stato il ruolo di Humanitas?
“I due studi più importanti sono stati svolti dal nostro gruppo e hanno già permesso di modificare le linee guida che, per ora, inseriscono questi pazienti con scompenso e fibrillazione atriale in classe 2A, livello di evidenza B, ma con la metanalisi e un grosso studio multicentrico di cui siamo ancora i principali investigatori, a breve speriamo di poter classificare questi casi al massimo livello di evidenza clinica (classe 1). Nell’editoriale alla metanalisi che ho avuto il privilegio di poter scrivere per JACC spiego, infatti, che il dato non è definitivo, ma ormai chiaro (‘the picture is now clear!’): la stimolazione biventricolare associata all’ablazione del nodo atrio-ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale e scompenso cardiaco permette di ottenere un risultato ottimale equivalente a quello ottenibile dalla resincronizzazione nei pazienti in ritmo sinusale”.

Quali le ripercussioni pratiche?
“Se si pensa che l’attesa di vita della popolazione è in crescita, e si considera che dopo i 65 anni aumenta il rischio di fibrillazione atriale e di ipertensione, che porta allo scompenso cardiaco, si può immaginare le ripercussioni positive nella pratica clinica di questo studio”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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