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Parkinson, sono coinvolti anche i batteri intestinali?

05/12/2016

Cosa lega il microbioma intestinale alla malattia di Parkinson? Secondo dei ricercatori del California Institute of Technology (Stati Uniti), i microrganismi presenti nell’intestino potrebbero giocare un ruolo non trascurabile nello sviluppo della patologia. Il team ha visto infatti come, in alcuni modelli sperimentali, intervenendo sul microbioma, si fosse in grado di aggravare o ridurre i sintomi di una malattia simile al Parkinson.

I modelli sperimentali su cui sono stati condotti i test erano geneticamente predisposti a sviluppare dei disturbi neuromotori simili al Parkinson. Con un trattamento a base di antibiotici i ricercatori hanno ridotto il deficit motorio e le impronte molecolari della malattia mentre, dopo aver effettuato un trapianto di microbi provenienti dal microbioma intestinale di pazienti con Parkinson, i sintomi sono peggiorati.

Parkinson è legato anche a intestino

Per questo motivo gli autori dello studio pubblicato su Cell parlano di un collegamento biologico tra microbioma e Parkinson. Il team ha rilevato inoltre come il microbioma cooperasse con uno specifico fattore genetico per influenzare il rischio di sviluppare la malattia. In conclusione è come se il microbioma creasse un ambiente favorevole all’accumulazione di aggregati di proteine mal ripiegate, uno dei tratti distintivi del Parkinson.

(Per approfondire leggi qui: Parkinson, 3 consigli per non farsi sorprendere)

«Che il Parkinson potesse originare nell’intestino e poi diffondersi al cervello è noto; quello che di nuovo suggerisce lo studio è l’influenza del microbioma intestinale sulla malattia in quei casi che appunto originano dall’intestino», sottolinea il professor Alberto Albanese, responsabile di Neurologia dell’ospedale Humanitas. «Il Parkinson è una patologia eterogenea e, laddove la sua origine sia gastroenterica, è possibile che ci sia un trasporto di proteine “infettive” dal sistema nervoso autonomo a livello intestinale verso il sistema nervoso centrale».

Nel microbioma i target di nuove terapie?

Alcuni soggetti con Parkinson sono colpiti da problemi gastrointestinali come la stipsi prima di sviluppare i deficit motori: «Questo dimostra una disfunzione del sistema nervoso autonomo intestinale nelle fasi iniziali di malattia ed è credibile che il microbioma possa avere nella malattia di Parkinson un ruolo a volte causativo e in altri casi protettivo per la patologia», aggiunge il professor Albanese.

Il team dell’istituto americano auspica che la ricerca futura possa individuare quali microbi siano in grado di aumentare il rischio di Parkinson o di sviluppare sintomi più severi o quelli che possano proteggere i pazienti dal declino motorio. Questi microrganismi potrebbero diventare dei target di farmaci.

(Per approfondire leggi qui: Giornata Nazionale Parkinson, demenza e terapie: ecco le nuove frontiere della ricerca)

«Dopo aver individuato questi microrganismi con funzione positiva o negativa e dopo aver distinto i sottotipi di Parkinson, tra i quali quello legato alla flora batterica, si potrà intervenire proprio sul microbioma intestinale con terapie specifiche», conclude il professore.

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