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Tumore del fegato, le nuove frontiere della cura

13/07/2010

Grazie alla messa a punto di tecniche innovative è possibile intervenire sul fegato affrontando chirurgicamente casi fino ad ora altrimenti non operabili.

L’epatocarcinoma e le metastasi al fegato da cancro del colon-retto sono rispettivamente il tumore primitivo e quello secondario più frequente a livello epatico, e la loro incidenza è particolarmente elevata. Le metastasi al fegato vengono sviluppate dal 20-40% dei pazienti affetti da cancro del colon-retto. L’epatocarcinoma invece, in Italia – il paese europeo con la maggiore incidenza – colpisce 5-20 persone su 10 mila abitanti. Si presenta quasi sempre associato alla cirrosi post-epatitica, di cui è la principale conseguenza, malattia che causa il malfunzionamento del fegato.

Grazie agli importanti progressi compiuti negli ultimi anni sul fronte terapeutico e chirurgico, oggi le possibilità di cura per i pazienti portatori di tumori primitivi o secondari del fegato sono sempre più consistenti. L’approccio multidisciplinare, con una stretta collaborazione tra epatologi, radiologi, oncologi e chirurghi, è fondamentale per ottimizzare la strategia terapeutica. A questo si affianca una chirurgia sempre più mirata, basata sull’utilizzo dell’ecografia intraoperatoria. L’utilizzo dell’ecografia intraoperatoria, come una sorta di navigatore satellitare, per intervenire sul fegato e rimuovere selettivamente oltre 30 metastasi, salvaguare al massimo l’organo e al contempo garantire la radicalità oncologica dell’intervento, è possibile grazie a tecniche chirurgiche innovative messe a punto dal professor Guido Torzilli e dalla sua équipe, e pubblicate su alcune delle più autorevoli riviste scientifiche come Annals of Surgery, Annals of Surgical Oncology, Surgery e Journal of the American College of Surgeons.

Il trattamento delle metastasi multiple
La fattibilità del trattamento chirurgico su forme avanzate di metastasi epatiche da neoplasia dell’intestino viene dimostrata da uno studio del professor Torzilli pubblicato sulla storica rivista americana Surgery, che stabilisce principi di tecnica e di radicalità oncologica innovativi.
In questo studio vengono date indicazioni tecniche su come realizzare resezioni in forme metastatiche multiple bilobari grazie all’utilizzo estensivo dell’ecografia intraoperatoria, offrendo ai pazienti la possibilità di avere un trattamento radicale in un tempo chirurgico unico (di solito in questi casi o non si opera o si effettua un intervento in due tempi, e i dati indicano che il 75-80% dei pazienti riesce a completare il ciclo dei due interventi). Inoltre rimane aperta la possibilità di reintervenire per questi pazienti laddove compaiano nuove metastasi nel fegato, cosa peraltro probabile in queste forme di malattia multifocale.
Visto lo stadio avanzato della malattia, alla chirurgia resettiva – l’unica terapia realmente radicale – deve integrarsi la moderna chemioterapia, in grado di contribuire in modo non trascurabile a migliorare la prognosi di questi malati. I pazienti così trattati, se chemio responsivi, possono arrivare a una sopravvivenza fino al 60% a cinque anni, con possibilità di guarigione.

Definire i segmenti del fegato
Di prossima pubblicazione su Annals of Surgery, la più importante rivista scientifica chirurgica, uno studio dove, per la prima volta, il professor Guido Torzilli propone una tecnica eco-guidata per rendere evidenti con precisione nel corso degli interventi al fegato tutti i suoi 8 segmenti, ossia gli ‘spicchi’ in cui l’organo si divide. Infatti, i vasi sanguigni che portano sangue al fegato si ramificano costituendo lo ‘scheletro’ dell’organo: le ramificazioni più periferiche ed il tessuto epatico che le circonda costituiscono i segmenti. In superficie, però, non c’è alcun modo di distinguere i confini dei vari segmenti.
Grazie all’ecografo è più semplice visualizzare i segmenti epatici che ad oggi erano definibili solamente a occhio con grande approssimazione. Utilizzando una sonda ecografica dotata di una superficie convessa viene compresso il vaso sanguigno in modo che tutto ciò che rimane a valle (temporaneamente non più irrorato dal sangue), perda colore. La compressione viene rilasciata una volta definita e segnata con precisione, sulla superficie del fegato, l’area corrispondente al segmento da rimuovere. L’identificazione e la conseguente selettiva rimozione dei segmenti – e ancor più dei sottosegmenti se si sposta più perifericamente il livello di compressione – permette di eseguire resezioni epatiche nel pieno rispetto dell’anatomia dell’organo: questo ha risvolti positivi in termini sia di sicurezza del trattamento sia di radicalità oncologica.
Per questo l’utilizzo di questa metodica ecografica intra-operatoria è fondamentale, ad esempio, nel trattamento chirurgico dell’epatocarcinoma: la diffusione tipica – venosa – all’i nterno del fegato di questa malattia impone infatti una resezione anatomica dell’organo, e la sua quasi matematica associazione con la cirrosi obbliga ad essere molto conservativi. Questo, fino ad oggi, ha sempre limitato l’uso diffuso della chirurgia. Questa tecnica invece consente di perseguire sia il rispetto dell’anatomia del fegato, inteso come criterio oncologico di radicalità, sia la necessaria conservatività.

SERPS e mini-mesoepatectomia
Altre due tecniche chirurgiche innovative (descritte su Annals of Surgery) messe a punto di recente dal professor Torzilli e dalla sua équipe sono la SERPS (Sistematic Extended Right Posterior Sectionectomy) e la mini-mesoepatectomia, che prevedono un approccio del tutto diverso da quello chirurgico classico: risparmiare al massimo la parte di fegato che si asporta, risultando più sicure ed altrettanto efficaci.
SERPS e mini-mesoepatectomia rappresentano la prima alternativa valida rispettivamente all’intervento più tradizionale della chirurgia del fegato, l’epatectomia destra (la rimozione cioè della metà destra, la più grande, dell’organo) e alla resezione del corpo centrale del fegato (mesoepatectomia), procedure necessarie in presenza di invasione tumorale delle vene sovraepatica destra e media, ossia i vasi di scarico del sangue al cuore delle rispettive porzioni di fegato. Grazie allo studio ecografico sia morfologico sia dei flussi dei vasi sanguigni, sono state sviluppate in Humanitas le innovative tecniche che permettono di ridurre significativamente la porzione di fegato asportata, pur rimuovendo le vene sovraepatiche interessate e mantenendo quindi inalterati i criteri di radicalità oncologica.

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