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Incendio raffineria Eni, per esperti nessun significativo aumento di inquinanti

02/12/2016

Ieri pomeriggio si è sviluppato un incendio nella raffineria Eni di Sannazzaro, in provincia di Pavia. Le fiamme sono divampate dopo le 15.40 circa e in aria si è alzata una colonna di fumo visibile anche decine di km di distanza. Il Comune della cittadina pavese ha invitato la popolazione a non uscire di casa e a non aprire finestre. Per oggi ha disposto la chiusura delle scuole. Già nel tardo pomeriggio l’incendio era sotto controllo e le fiamme domate.

Secondo l’Arpa (Agenzia regionale Protezione ambiente) della Lombardia, la decisione del Comune di Sannazzaro è stata “utile e corretta”. Come ha riferito l’agenzia, dall’incendio, “oltre alle polveri, possono essersi diffuse sostanze solforate, in particolare anidride solforosa e acido solfidrico, irritanti” per naso e gola. L’Eni ha comunicato come “dai primi rilievi compiuti dalle autorità locali competenti non risultano nell’aria particolari concentrazioni di sostanze inquinanti”. In un tweet l’Arpa ha confermato la “assenza di incrementi significativi degli inquinanti misurati dalle centraline”.

(Per approfondire leggi qui: Smog e colesterolo, a Milano e Torino cuore e cervello più a rischio)

Generalmente dall’incendio di una raffineria possono liberarsi diverse sostanze la cui «pericolosità varia in base alla concentrazione e quest’ultima è molto differente a seconda dell’origine dell’incendio: prodotti raffinati o non raffinati», spiega la dottoressa Francesca Puggioni, pneumologa dell’ospedale Humanitas. «Tra le sostanze più pericolose troviamo alcuni solventi come il benzene, il diossido di zolfo e gli ossidi di azoto che sono prodotti di combustione, e altre sostanze utilizzate o prodotte durante il ciclo di lavorazione come la formaldeide, il petroleum coke, gli idrocarburi policiclici aromatici e il mercurio. Di molte sostanze conosciamo gli effetti cancerogeni sulla salute dell’uomo. In alcuni casi sono noti anche effetti teratogeni sul feto con aumento del rischio di aborto e malformazioni alla nascita».

Quali effetti comporterebbe l’esposizione a tali sostanze?

«Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, le sostanze più pericolose sono rappresentate dai fumi di zolfo che aumentano i livelli di infiammazione a livello bronchiale e possono causare attacchi asmatici gravi, e dagli ossidi di azoto che riescono a penetrare a fondo nel tessuto polmonare e lo danneggiano, causando danni irreversibili. L’inalazione è associata a riacutizzazioni bronchiale severa ed enfisema».

Ma non solo: «Queste sostanze, una volta entrate nell’apparato respiratorio, possono passare nella corrente circolatoria del sangue aumentando l’infiammazione di tutto il nostro organismo e indurre, nei soggetti a rischio, malattie cardiovascolari acute come ictus e infarto. Ovviamente la pericolosità di queste sostanze è correlata alla dose con cui veniamo a contatto e con il tempo di esposizione».

Ecco i consigli in caso di incendio in un impianto che lavora o produce tali sostanze:

  • «Seguire scrupolosamente tutte le indicazioni sanitarie fornite dai Comuni e dalle Aziende Sanitarie della zona, dai medici di medicina generale;
  • Evitare di sostare, anche per curiosità, nelle zone dell’incidente;
  • In caso di esposizione ai fumi coprire bene tutte le mucose (occhi, naso, bocca);
  • Lavare frequentemente le zone di pelle e mucosa esposta e gli indumenti indossati;
  • In caso di malessere o nuovi sintomi (ad esempio tosse, mancanza di fiato, tremori, vertigini, arrossamento cutaneo) recarsi immediatamente in Pronto Soccorso specificando ai medici che si è venuti a contatto con i fumi e/o le sostanze liberate dall’incendio/esplosione di una raffineria;
  • Particolare attenzione devono avere le persone più fragili: donne in gravidanza, anziani, persone con malattie croniche in particolare respiratorie, bambini».

(Per approfondire leggi qui: Mamme che respirano smog, neonati a rischio asma?)

 

* Immagine tratta da Twitter/@EMERGENZAVVFF

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