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Morbo di Crohn, ecco le linee guida

09/03/2010

La pubblicazione delle nuove linee guida europee per il trattamento di questa malattia apre la strada a interessanti sviluppi nella diagnosi e nella cura.

Sono state recentemente pubblicate le nuove linee guida europee di trattamento della malattia di Crohn, una patologia infiammatoria cronica dell’intestino che può influire negativamente sulla qualità di vita del paziente.

Una malattia invalidante
La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica intestinale che comporta ulcerazioni della mucosa intestinale che lentamente diventano più profonde e interessano gli altri strati dell’intestino. Il Crohn può interessare tutto il tratto digerente, dalla bocca all’ano, e i sintomi variano in base alla sua localizzazione; dolore addominale, diarrea, febbre e calo di peso sono quelli più frequenti. Si tratta di una malattia cronica, che col tempo può andare incontro a complicanze, quali l’occlusione intestinale, che possono comportare ripetuti interventi chirurgici di asportazione del tratto dell’intestino malato o di resezione e ristabilimento del canale alimentare (stomia definitiva). E’ facile capire quanto la qualità di vita del paziente possa essere compromessa.

Novità incoraggianti
Recente è la pubblicazione della seconda consensus europea basata sull’evidenza scientifica dell’ECCO (European Crohn’s and Colitis Organisation) sulla diagnosi e il trattamento di questa patologia. La messa a punto di queste linee guida ha coinvolto i maggiori esperti europei.
La prima novità riguarda l’importanza di identificare precocemente i pazienti più a rischio, che necessitano di un trattamento con terapie a più alto impatto sul sistema immunitario e, quindi, sulla malattia, a base di farmaci immunosoppressori. I pazienti più a rischio sono soprattutto i giovani sotto i 40 anni, che ad esempio hanno una malattia perianale, con ulcere profonde a livello rettale e a cui sono stati somministrati steroidi alla prima diagnosi di malattia. Per questi pazienti si può prevedere un decorso più aggressivo della malattia: è dunque importanti identificarli precocemente per intervenire con i trattamenti più efficaci.

Poi, per un corretto staging di malattia, è importante fare sempre di più ricorso a esami strumentali, oltre alla tradizionale colonscopia. E’ necessario cercare di utilizzare anche metodiche radiologiche avanzate, come l’entero-TAC e la risonanza magnetica dell’addome.
Il terzo punto emerso dallo studio, non solo per i pazienti ad alto rischio di malattia aggressiva, è il consiglio di trattare precocemente i malati con farmaci immunosoppressori, sia quelli classici, come l’azatioprina, sia i nuovi farmaci biologici. I pazienti alla prima diagnosi o quelli con malattia estesa o che presentano i fattori di rischio che abbiamo citato, sono quelli che maggiormente beneficiano del trattamento con i farmaci biologici, gli Anti-TNF (inibitori del Tumor Necrosis Factor), sia da soli che in abbinamento con l’Azatioprina. I farmaci biologici sono anticorpi monoclonali che vengono somministrati per via endovenosa o sottocutanea e che bloccano una citochina dell’infiammazione (il Tumor Necrosis Factor alpha). Sono utilizzati anche per il trattamento della psoriasi e dell’artrite reumatoide: l’obiettivo che si vuole e si può ottenere con questi farmaci è arrestare l’infiammazione prima che vi sia un danno tale da compromettere l’organo, nel caso del Crohn l’intestino. Mentre gli immunosoppressori classici non hanno una grande influenza sul decorso naturale della malattia, i farmaci biologici sono in grado di ridurre il numero di interventi chirurgici necessari e di ricoveri ospedalieri. In questo modo la qualità di vita del paziente viene sempre meno compromessa.

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